Terzo
episodio per questi irruenti irlandesi, che propongono un affascinate
crossover fra la musica folk celtica e l'heavy metal. Non conosco
i due precedenti episodi e non so dirvi se ci sono delle differenze,
ma posso dirvi che questo disco è davvero stupendo.
C'è una lunga tradizione di gruppi che hanno unito il folk
irlandese e scozzese al rock: fra i primi ricordo gli Horslips, mitico
gruppo dei seventies, gli indimenticabili Jethro Tull. Poi negli anni
'80 ci sono Big Country e Pogues, ma anche gli Iron Maiden si sono
ispirati abbondantemente alle strutture melodiche celtiche, penso
a brani come "Afraid to Shoot Strangers". Più recentemente
sono da ricordare gruppi come Skyklad e Northwinds, ma veniamo al
presente album.
I Cruachan hanno dalla loro un'integrazione praticamente perfetta
delle tipiche atmosfere celtiche irlandesi e della forza trascinante
del metal. Già il primo brano del CD, la epica "Bloody
Sunday", da la misura della perfezione di questo alchemico connubio.
La forza evocativa del flauto e il riffing serrato delle chitarre
vengono intrecciati per rievocare uno dei momenti più bui della
recente e drammatica storia del popolo irlandese. Scelta molto significativa
e intelligente, che mostra un gruppo che sa unire la tradizione ai
problemi attuali. "Death of a Gael" parte con un flauto
struggente e malinconico, poi entra di prepotenza una chitarra sabbathiana
che ripete la stessa melodia, nell'intermezzo il motivo è ripreso
e sviluppato da una sezione di archi, melodie stupende e solenni,
con un crescendo pieno di tensione che riporta ad atmosfere heavy
serrate: puro Epic Metal. "The Rocky Road to Dublin" è
un tradizionale che conosco molto bene nella fedele versione dei Chieftains
(il più importante gruppo tradizionale irlandese) e devo dire
che questa resa, quasi sguaiata e molto distorta, ne conserva tutto
il fascino. "Ossian's Return" è una power song con
tanto di cantato maschile growl e controcanto pulito femminile, melodie
tradizionali accelerate e indemoniate, un sabba ancestrale che spiazza
l'ascoltatore, una song davvero molto riuscita ed esaltante. "Spancill
Hill" è il secondo stupendo tradizionale che troviamo
ed è più fedele del precedente, ma contiene comunque
una sezione moderna.
Il CD prosegue con altre cinque tracce molto belle e meritevoli di
commento, ma voglio dire due parole sulla formazione che comprende
la capace cantante Karen Gilligan dalla voce stregata ed evocativa,
il chitarrista poli strumentista Keith Fay, vera anima del gruppo,
il flautista John O'Fathaigh, il bassista John Clohessy e il batterista
Joe Farrel. Alfieri e cantori dell'indomabile spirito irlandese, nuovi
bardi capaci di cristallizzare il presente nel mito. Una formazione
eccezionale che saprà catturarvi con le sue magie, con questo
sound fortemente incantato che viaggia continuamente fra suggestioni
del passato e tensioni del presente. Un grande disco da avere! GB
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