Anno dopo anno i Daal proseguono il proprio cammino Progressive, arricchendolo
sempre più di nuovi innesti, per un risultato finale davvero
interessante. Questa volta i capitoli sonori in analisi, come presagisce
il titolo, sono dodici, mentre gli innesti riguardano una presenza
più marcata di chitarre ed archi, immersi nella consueta Psichedelìa
a tratti elettronica.
Il duo Alfio Costa (tastiere) e Davide Guidoni (percussioni) si avvalgono
della collaborazione di artisti noti nell'ambito Progressive Rock
italiano quali, Ettore Salati alle chitarre (The Watch), Alessandro
Papotto ai fiati (B.M.S.), Vincenzo Zitello all'arpa e flauto, Bobo
Aiolfi al basso (Tilion, Prowlers), le violiniste e violoncelliste
Sylvia Trabucco e Chiara Alberti (Hostsonaten) ed altri ancora.
Che i Daal siano dei fuoriclasse non ci sono dubbi e la discografia
in crescendo qualitativo sta li a testimonianza, ma quello che tengo
a sottolineare è la cura per la registrazione, un suono cristallino
che non fa che evidenziare la potenza sonora delle composizioni. Le
tastiere di Costa sono basi irremovibili su cui costruire colonne
ritmiche nette, senza troppi fronzoli, solo con qualche virgola che
impreziosisce l'ascolto. Numerosi cambi umorali, per cui anche di
tempo, fanno si che gli alti ed i bassi sonori siano legati in maniera
intelligente e scorrevole. L'uso delle tastiere è pressoché
privo di aria fritta, bensì bada al sodo e stampa nella mente
dell'ascoltatore motivi memorizzabili e a tratti anche imponenti.
Album strumentale che si lancia dentro la psiche, colmo di influenze
che variano dal Folk passando attraverso la Psichedelìa primi
Pink Floyd e sperimentali, a dimostrazione di una elevata cultura
musicale degli artisti in analisi.
Capitoli da ascoltare spesso ad occhi chiusi questi di "Dodecahedron",
come il secondo, dove la chitarra slide fa la gioia di chi come me
ama il suono di Gilmour ed il profumo dei primi anni '70...ancora
oggi!
Oscurità di tanto in tanto fra i fraseggi cadenzati di chitarre
elettriche e percussioni, come nel capitolo terzo, ben chiuso con
archi e piano. Un momento gotico di matrice prettamente italica, come
una volta sapevano inculcarci i Goblin del maestro Simonetti Junior.
Malinconia dadaista è descritta dai fiati di Papotto nel quarto
capitolo assieme al violino di Sylvia Trabucco. La musica dei Daal
è come stare in una stanza di specchi, il suono come un raggio
di luce viene riflesso di angolo in angolo del nostro stato d'animo.
Sensazioni a volte sospese nell'aria, come nel capitolo cinque, ma
è davvero riduttivo stilare una classifica di "Dodecahedron",
in quanto tutto si svolge all'insegna della continuità e con
cognizione di causa. Infatti i Daal sanno dove andare, la musica ricca
di innesti è un frutto goloso per chi vive di Progressive Rock
e Psichedelìa.
Una riflessione è d'obbligo, in Italia ci sono molti artisti
che meriterebbero molto di più di quello che raccolgono, perchè
la cultura se ancora resiste (sempre con più difficoltà)
è grazie a coloro che fanno degli strumenti sensazioni e non
banalità.
Bravi Daal, sempre dritti per la vostra strada. MS
Per i collezionisti dico che del disco esiste anche una edizione limitata
in Boxset, contattate al seguente link: https://www.facebook.com/DAALMUSIC
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