Jethro Tull è stato l’inventore dell’aratro, l’istrionico
ed immarcescibile leader della band, Ian Anderson si innamora della
fonetica di questo nome e lo relega alla propria band. Il famoso folletto
Rock che suona il flauto su una gamba, forma la band nei lontani anni
’60, inanellando dischi e successi a iosa. Non dimentichiamo
la famosa “Bourèe” , “Acqualung” e
moltissime altre. Ma io questa volta voglio parlare di un album sempre
poco ricordato, perché in esso c’è il sunto della
furbizia di Ian. Lui ha avuto sempre una grandissima capacità,
quella che non hanno avuto altre band negli anni ’70, motivo
per cui sono sparite, ossia di mutare la propria musica a seconda
dei tempi. Va di moda il Blues? Ecco “Stand Up” ed altri,
va di moda il Prog? “ e vai con “Thick As A Brick o “A
Passion Play”, oppure il Metal? “Crast Of A Knave “
è li per servirvi, oppure negli anni ’80 l’elettronica
colpisce? Ecco “A”. Insomma è stato un genio camaleontico,
comunque sia capace sempre di portarsi appresso la propria spina dorsale,
perché in qualsiasi sonorità il flauto è sempre
inconfondibile!
La fine degli anni ’70 concentrano il suono verso un Rock Folk
anche elettrico e due sono i dischi importanti di Anderson e soci,
“Songs From The Wood” e questo “Heavy Horses”.
La formazione dei Jethro Tull in quel periodo è una delle migliori,
sempre a fianco c’è il fido chitarrista Martin Barre,
poi l’eccentrico pianista John Evan (simpaticissimo, specie
in sede live), Barriemore Barlow, uno dei più grandi batteristi
inglesi di tutti i tempi, che lascerà sconvolto la band poco
dopo la morte del bassista John Glascock e David Palmer, ottimo compositore
e tastierista aggiunto. L’amore di Anderson per i cavalli è
noto, non a caso possiede un podere in campagna dove da sfogo alla
sua passione, in questo disco c’è l’esaltazione
di tutto questo. Una musica spesso rilassante, comunque Rock, dove
la chitarra elettrica la fa da padrona assieme agli interventi flautistici
di Ian. Una macchina da guerra questi Jethro Tull, “And The
Mouse Police Never Sleeps” apre il disco in maniera rustica,
a dimostrare l’amalgama fra i componenti, professionisti che
si conoscono a menadito. Più agreste “Acres Wild”,
mentre il Rock elettrico e graffiante ritorna con la famosa “No
Lullaby”. Qui Barre ed Anderson si alternano fra volumi alti
e sussurrati. Il pezzo più folcloristico è “Wathercock”
e qui si gode a pieno del flauto in grande spolvero, saltellante ed
aggressivo come in pochi altri brani. La lunga title track “Heavy
Horses” è un altro classico della band, mentre la più
richiesta in sede live è “One Brown Mouse”. Questa
è acustica, una grande prerogativa della discografia di Anderson,
spesso molti pezzi si basano sulla sua chitarra, e gli riescono più
che bene.
Un disco che non è un must, ma che si lascia ascoltare alla
grande con spensieratezza, senza disdegnare passaggi articolati, messi
lì, quasi a sfidare l’ascoltatore tra bucolicità
e leggerezza. Da avere. MS
Altre recensioni: Living With the Past;
Christmas Album; Nothing
is Easy
Articolo
Live
report
Sito
Web
Artisti correlati: Ian Anderson
|