RETROSPETTIVA JETHRO
TULL
di Massimo Salari
Tracciare, anche se a grandi linee, un profilo storico e
discografico del mitico gruppo di Ian Anderson è quantomeno
arduo. Con quasi trent’anni di carriera portati con onore spalle,
i Tull hanno influenzato più di una generazione, lasciando
dietro di loro una scia numerosa di tentativi di imitazione. Il caratteristico
approccio Rock di Anderson con il flauto è ben noto ai molti
amanti del prog di ogni età ed il suo carisma da classico "animale
da palcoscenico" è ormai una leggenda. Nell’immaginario
collettivo quando si dice Jethro Tull si pensa immediatamente a quel
capellone con la barba lunga che suona il suo flauto su una gamba
sola nella caratteristica posizione a "gru".
Nella lontana metà degli anni'60 il pubblico si divide fra
Beatlesmaniaci e seguaci dei Rolling Stones, il Pop imperversa nella
scena musicale mondiale e nell'undergound arriva un certo John Mayall
che evolve a suo modo il Rock Blues dando vita al movimento British
Blues (detto anche Blues Bianco). Proprio in quel periodo, nel nord
dell'Inghilterra e più precisamente nella città di Blackpool,
dei teenagers registrano una collezione di brani American Blues di
autori del calibro di Howling Wolf, Sonny Terry e Brownie Mc Ghee
e di artisti inglesi quali Graham Bond e Georgie Fame: sono gli ATLANTICS.
Questi ragazzi nel 1963 si uniscono a Ian Anderson (chitarra), Jeffrey
Hammond (basso) e John Evan (tastiere) e vanno a formare i THE BLADES,
la prima effettiva ossatura dei futuri JETHRO TULL. I ragazzi in questione
si chiamano Berriemore Barlow (batteria) e Michael Stephens (chitarra).
Passano due anni e svariati cambi di line-up e il gruppo decide di
chiamarsi JOHN EVAN BAND. Le serate si susseguono intensamente persino
in locali blasonati come il "The Cavern" di Liverpool. La
musica da loro suonata è un misto tra Jazz e Blues. Già
il talento di Anderson incomincia a farsi largo nel gruppo il quale
dopo una apparizione televisiva decide di realizzare un demo sotto
la supervisione del produttore Derek Lawrence.
Siamo arrivati al 1968, altri cambi di line-up e questa volta anche
di logo all'insegna del massimo dell'indecisione: si passa da NAVY
BLUE a BAG OF BLUES fino a JAN HENDERSON'S BAG O'BLUES. Quello che
però non cambia è l'interesse di Derek Lawrence nei
riguardi dei ragazzi ai quali offre la possibilità di incidere
un singolo dal titolo 'Aeroplane' sotto il nome di JETHRO TOE. Questo
nome viene immediatamente cambiato in JETHRO TULL. Chi è, cosa
vuole dire? E’ l'inventore dell'aratro nel diciottesimo secolo
e viene preso, come dice Ian , per il suo nome che "suona bene".
Sequenza di Pubs e Clubs e la loro semina comincia a dare i primi
frutti, arrivano persino ad esibirsi nel mitico Marquee Club di Londra.
Finalmente, dopo tanto lavoro, ecco arrivare alle stampe il primo
LP 'This Was' (Island – 1968) che viene realizzato nell'ottobre
'68 in UK ed in febbraio '69 in USA. Il successo arriva immediatamente,
piazzando il disco addirittura al decimo posto in Inghilterra ed al
sessantaduesimo in America. Il blues graffiante capitanato dal flauto
di Anderson sa farsi apprezzare in momenti quali 'My Sunday Feeling'
ed 'A Song For Jeffrey', brani che tutt’oggi risultano di una
gradevolezza disarmante. Ma in questo lp ancora non sono ben definite
le coordinate sonore del gruppo, si mischiano forse troppo caoticamente
influenze quali Folk, Rock, Blues e puro Jazz, per un risultato si
positivo, ma solo alternativamente.
Ora la lotta per essere leader all’interno del gruppo fra Anderson
ed il chitarrista blues Mick Abrahams è grande ed alla fine
porta all’allontanamento di quest’ultimo e all’innesto
del per sempre fedele Martin Barre. Ottimo strumentista proveniente
dalla band GETHSEMANE, il nuovo arrivato riesce a dare quel tocco
personale in più al sound della band adeguandosi alla perfezione
sia alle composizioni più Hard che a quelle più melodiche.
A questo punto la gente pensa che Jethro Tull sia addirittura il vero
nome di Anderson, tanto la sua personalità è forte.
Ed è la volta di 'Stand Up' (Island-1969). E’ il settembre
del 1969 e questo lavoro contiene quella famosa canzone che li ha
resi popolari in tutto il mondo, il tormentone Bacchiano 'Bourrée'.
E’ il primo album scritto ed arrangiato da Ian Anderson, che
da questo momento prende in mano il timone della band e non lo lascierà
più. Numero 20 in America e numero 1 in Inghilterra per ben
otto settimane! Le liriche sono interessanti ed a volte anche ironiche
come in "Fat Man": "Non voglio essere un grassone,
la gente penserebbe che sono solo divertente/ preferisco essere magrolino,
sono così contento di esserlo/ Troppo peso da portare in giro,
nessuna speranza di trovare una donna/ che ti ami al mattino e anche
la notte/ Non voglio essere un grassone/ non ho la forza di ignorare
una cosa del genere/ Odio riconoscere che la metà dei miei
problemi deriva dal fatto che sono grasso/ Non perderò il mio
tempo a dispiacermi per lui/ Ma vedo anche il rovescio della medaglia
dell'essere magro/ Proviamo a rotolare tutti e due da una montagna/
Sono sicuro che il grassone vincerebbe!". I Jethro Tull sembrano
aver trovato il proprio equilibrio interno sia artisticamente che
come line-up. Una produzione più tecnica accoglie 'Benefit'
(Chrysalis-1970) ed il ritorno alle tastiere di John Evan che rimane
nel gruppo per altri dieci anni. Da ricordare ancora oggi canzoni
valide come “Sweet Dream”e “To Cry You A Song”.
Riff Heavy escono prepotenti dalla chitarra di Barre ed il suono si
fa più duro. Anche in questo caso le vendite sono niente male,
numero 3 in UK, numero 11 in USA. Con questo lavoro si registrano
pure video tratti dalla tv inglese e da altre varie apparizioni live
che in seguito potremo vedere nella raccolta celebrativa video dei
20 anni di carriera “20th Anniversariy of Jethro Tull”
(Chrysalis-1988). Fatto curioso da ricordare è il rifiuto di
partecipare al famoso concerto di Woodstock da parte dei nostri a
causa del pensiero di Anderson,che non vuole unirsi a quello Hippy.
Dice Ian che se ciò fosse accaduto il complesso avrebbe avuto
un grande successo momentaneo ma che poi sarebbe stato subito etichettato
e dimenticato, forse il tempo gli ha dato ragione.
In questo periodo storico, la piena ondata Progressive anni '70 coinvolge
pure i Jethro Tull, una maggiore impronta Rock ruba spazio al Blues
e le composizioni si articolano maggiormente. C’è bisogno
di emergere dalla media musicale che affolla le chart, proporre qualcosa
di nuovo, forte e qualitativamente valido. Ed è la volta di
uno dei dischi più importanti della storia musicale, quell''Aqualung'
(Chrysalis-1971) che ancora oggi ascoltiamo con grandissimo piacere.
In copertina si trova lo stupendo dipinto con il barbone più
famoso del mondo! questa volta i testi sono molto forti, al limite
del dissacrante. 'Cross Eyed Mary' (rifatta pure dagli Iron Maiden!)
e 'Locomotive Breath' furono grandi momenti, ma la religiosa 'My God'
con quell'assolo di flauto da paura la fa da padrona. Pure oggi durante
le esibizioni live i Jethro Tull sono costretti a riproporla. Ma cosa
dicono i testi di così dissacrante? ecco: "Gente, che
avete fatto/ lo avete rinchiuso nella sua gabbia dorata/ Lo avete
piegato alla vostra religione/ Lui, resuscitato dalla tomba/ E' il
Dio di nulla, se questo è tutto ciò che riuscite a vedere/
Tu sei il Dio di ogni cosa/ E' dentro di voi e dentro di me/ Dunque,
accostatevi a lui gentilmente e non rivolgetevi a Lui perché
vi salvi/ Dai vostri piaceri pubblici e dai peccati che siete soliti
rinnovare/ La Chiesa D'Inghilterra lorda di sangue, nelle catene della
Storia/ richiede la vostra gentile presenza al vicariato, per il tè/
E' l'immagine scolpita, sapete di chi/ con il Suo crocefisso di plastica
ci si è trovato inchiodato confonde sul chi, il dove e il perché
e su come sia liquidato/ Confessando il peccato eterno, risuona l'eterno
piagnucolio/ Pregherai fino al giovedì prossimo tutti gli dei
che riesci a contare". Ma non è l'unico brano a parlare
di religione, un altro è "Hymn'43": "O padre
alto nei cieli/ Sorridi giù a tuo figlio, che è impegnato
nei traffici di denaro, con le sue donne e il suo fucile/ Oh Gesù
salvami!/ E l'oscuro eroe western ha ucciso un indiano o forse tre/
e poi si è fatto un nome a Hollywood per liberare i bianchi/
Oh Gesù salvami/ Se Gesù salva, bene, farebbe bene a
salvare sé stesso/ dagli insanguinati cacciatori di gloria,
che usano il suo nome in punto di morte/ Oh Gesù salvami/ Si,
L'ho visto in città e sui monti della luna/ La Sua croce era
piuttosto insanguinata, poteva a stento far rotolare la Sua pietra
(sepolcrale)/ Oh Gesù salvami!" La classifica? Numero
4 in UK e numero 7 in USA.
A questo punto è duro trovare un successore adatto a cotanto
capolavoro, ma i nostri hanno un altro colpo di genio, una nuova soluzione,
un mastodontico concept composto da una sola canzone di ben 40 minuti,
'Thick as a brick' (Chrysalis- 1972). Lo humour inglese alla Monty
Python's tanto di moda in tv allora, si può intravedere persino
nella curiosa copertina rappresentante un quotidiano, oltrechè
dalle composizioni liriche. Ma perché abbandonare la strada
del successo sicuro, garantito dai brani di media durata, per una
scommessa come questa puntata ad un unico brano? Ma perché
Anderson questa volta, dopo la religione, la deve cantare lungamente
a tutta la società perbenista e bacchettona ed al mondo politico.
Lo fa con grande cinismo e sfrontatezza tanto da considerare "Thick
As A Brick" uno dei testi più importanti di tutta la storia
musicale inglese! Una occhiata alla formazione di quell'anno: Martin
Barre, Ian Anderson, Jeffrey Hammond, John Evans e Barriemore Barlow,
praticamente la vecchia John Evan Band. Con il tempo il successo si
trasferisce dall'Inghilterra all'America ed ecco che è primo
in USA e quinto in UK. I Jethro Tull sono ora un bene mondiale. Sempre
nel 1972 all’insegna del battere il ferro quando è caldo,
è la volta della raccolta di brani 'Living in the past' (Chrysalis-1972),
insieme di lavori precedenti rimasti non editi, alcuni classici e
versioni live. Esce perfino in una lussuosissima versione " cartapaglia"
in edizione limitata per la gioia ed i dolori economici dei collezionisti.
Questo comunque per Anderson e soci non è un periodo molto
felice, infatti durante le registrazioni del successore di “Thick
As A Brick”, nel castello francese Chateau D’Herouville
accade veramente di tutto, dai problemi tecnici d’incisione
sino addirittura ad uno spaventoso incendio, che brucia la totalità
dei pezzi appena registrati. Qualcosa rimane in alcuni demo che comunque
vedranno la luce nel doppio “Nightcap- The Unreleased Masters
1973-1991” (Chrysalis-1993). L'anno successivo i Jethro Tull
compongono il lavoro Progressive per eccellenza (musicalmente parlando):
'A Passion Play' (Chrysalis-1973). Disco dalle liriche ambigue e dalle
canzoni ipercervellotiche, manna per tutti gli amanti della ricerca
sonora più "intellettuale". A questi livelli Prog
i nostri non torneranno mai più, per spingersi col tempo verso
strade più immediate e popolari. Numero 1 in USA, numero 13
in UK.
Sempre allo Chateau D'Herouville, compongono 'Skating Away On The
Thin Ice Of The New Day', canzone che troviamo nell'LP dell'anno successivo,
ossia del 1974 dal titolo 'War Child' (Chrysalis-1974). Il singolo
'Bungle In The Jungle' tratto dal disco ha un grande riscontro in
USA , piazzandosi al secondo posto delle charts. Con esso si ritorna
alla semplice formula canzone, tralasciando le lunghe fughe strumentali
che hanno caratterizzato il sound del gruppo negli ultimi periodi.
Il disco non si può dire che sia pienamente riuscito, la vena
di Anderson sembra prosciugarsi, o almeno tirare il fiato, ci avevano
abituato molto bene sino ad ora…
Questo ”faticare” lo si può intuire ancora nel
successivo lp, fra l’oscurità dei suoi solchi. Con una
media di un lavoro all'anno si giunge stancamente al 1975 con 'Minstrel
In The Gallery' (Chrysalis-1975), che segna pure la fine della collaborazione
con Jeffrey Hammond, rimpiazzato dal bravo John Glascock (Jeffrey
tornò a dedicarsi al suo hobbie preferito, la pittura.). Minstrel
venne registrato nella "Maison Rouge Mobile Studio" di Montecarlo
e la produzione viene affidata a David Palmer. Numero 20 in UK e numero
7 in USA. Da esso non scaturisce nessun classico, ma nell’insieme
è nettamente superiore al precedente “War Child”.
Ricordo comunque che la caratteristica principale del combo, oltre
il famoso flauto, è la grande propensione all’ironia,
fatta sempre dai nostri anche nei confronti di se stessi, nel loro
invecchiarsi artisticamente , di prendere in giro la critica stessa.
Questa fuoriesce anche dalle note del musical “Too Old To Rock’N’Roll
Too Young To Die” (Chrysalys-1976). Una copertina che fa storia,
apribile, con tanto di narrazione a fumetti dei testi al suo interno.
Da questo lavoro si estrae oltre che il singolo omonimo, anche un
video clip che in quel tempo fa il giro degli appositi contenitori
video-musicali. Ancora si ha la collaborazione e l'orchestrazione
da parte di David Palmer. Numero 14 in USA e numero 25 in UK. Ma c’è
bisogno di una nuova svolta, sembra che la navicella Tull stenti a
decollare dopo i fasti dei primi anni ’70. E come non darla
se non ritornando alla vecchia vena Folk miscelata saggiamente con
le nuove sonorità di questo periodo? La mossa risulta veramente
indovinata se consideriamo poi che il Progressive alla fine degli
anni ’70 tende a scomparire.Ottime ballate acustiche ci accolgono
dunque in “Song From The Wood” (Chrysalis-1977). “Whistler”
e “Cup Of Wonder”, sono due veri capolavori del genere.
Tutti i brani sono più ariosi e spensierati, la produzione
sonora è migliorata e David Palmer entra in pianta stabile
(almeno per qualche anno) nella line-up. Stupenda la corale “Song
From The Wood” e sa anche rendersi aggressiva con il flauto
di Ian. Altro grande pezzo Rock è “Pibroch (Cap In Hand)”,
con la chitarra di Barre in evidenza. Veramente un ottimo disco che
si lascia ascoltare anche oggi nel nuovo millennio in tutta la sua
fresca vena compositiva.
La strada intrapresa sembra quella giusta, ne è convinto Ian,
così perché rischiare? Nasce “Heavy Horses”
(Chrysalys-1978) che ricalca il suo predecessore evidenziando ancora,
se ce ne fosse stato il bisogno, l’amore del gruppo nei confronti
della vita rurale. La copertina è di nuovo bucolica e ritrae
Anderson fra due bei cavalli. La giusta vena sembra ritrovata, comporre
un disco l’anno e mantenerlo su certi livelli, credetemi, non
è cosa assolutamente facile. Numero 19 in USA e numero 20 in
UK. Una canzone su tutte è “Lullaby”, proprio quella
che poi apre il famoso disco successivo dal vivo dal titolo “Live
Bursting Out” (Chrysalis-1978). In esso, oltre i più
bei classici magistralmente eseguiti, si denota un grandissimo affiatamento
raggiunto fra i componenti. Il suono è molto Rock ed è
un classico di tutti i tempi. Chi vuole entrare per la prima volta
nel mondo Jethro Tull deve smettere di leggere queste righe ed andare
immediatamente a comprarlo.
“Stormwatch” (Chrysalis-1979), nuovo disco in studio e
di nuovo un buon album, soprattutto nella strumentale “Elegy”,
uno dei momenti più alti dell’intera carriera dei Tull.
Questo lavoro conclude un trittico di anni ispirati al Folk veramente
buono. Nel suo interno si può ascoltare anche un ritorno alle
suites con “Dark Ages” e “Flying Dutchman”.
Per anni non ascolteremo più i nostri a questi livelli. Il
1980 con il suo suono di plastica e l’esasperato bisogno di
canzonette da classifica passa devastando come un ciclone su di una
città facendo danni quasi irreversibili. Pochi grandi complessi
di allora riescono a salvarsi da questa situazione, adeguandosi pur
mantenendo sempre una degna personalità (Pink Floyd, Genesis
e Yes), per il resto quasi il nulla. Purtroppo però non sono
tutte rose e fiori, a seguito di una grave malattia nel 1979 viene
a mancare il bassista J. Glascock ed il suo posto viene rimpiazzato
dall’ex FAIRPORT CONVENTION (altro gruppo Folk famoso di questi
anni), Dave Pegg. Alle tastiere subentra l’ex Roxy Music, UK
e Curved Air Eddie Jobson, la tecnica a sua disposizione però
porta pure molta freddezza. Ma ovviamente la colpa di questa sterzata
stilistica, volta ad una scialba elettronica, non è dovuta
solo a lui, è chiaro che Anderson cerca in tutti i modi di
rimanere al passo dei tempi ed “A” (Chrysalis-1980) è
il sunto di tutto questo. Alcune canzoni come “The Pine Marten’s
Jig”, “Black Sundey” ed “And Further On”
si lasciano ascoltare molto bene, salvando un lp che per il resto
non ha nulla da dire. Bisogna dunque muoversi molto attentamente nell’immenso
catalogo discografico dei nostri, perché chi ha apprezzato
i primi lavori o quelli di fine anni ’70 rimarrà sicuramente
incredulo all’ascolto di queste tracce. Numero 25 in UK e numero
30 in USA.
Si migliora con “The Broadsword And The Beast” (Chrysalis
–1982) e forse anche per la dipartita di Jobson e l’ingresso
di Peter-John Vettese, anche se non siamo di fronte ad un capolavoro,
ma ad un onesto disco di buon Rock. Atmosfere epiche, storie di mare
che vengono narrate dal magico folletto del flauto, ma anche in questo
caso oltre una marcata vena elettronica non possiamo fare a meno di
notare un drastico calo dell’uso del flauto. Tutte le canzoni
si mantengono allo stesso livello e sono piuttosto commerciali, da
segnalare “Beastie”, “Clasp”, Flying Colours”,
“Broadsword” e la dolce “Slow Marchino Band”.
La produzione è ottima , ma si comincia ad intuire che i veri
Jethro Tull forse non torneranno mai più.
Si peggiora inesorabilmente con il suono freddo e scialbo di Vettese
oltre che delle batterie elettroniche, due anni dopo con il disco
più brutto mai prodotto: “Under Wraps” (Chrysalis-1984),
questo lavoro potrebbe averlo scritto chiunque, anche i Depeche Mode
meno ispirati, i fans ora sperano che il gruppo si sciolga piuttosto
che ascoltare altre amenità del genere. Come se non bastasse
Anderson rincara la dose dando vita, poco prima, al suo primo disco
solista “Walk Into Light” (Chrysalis-1983) un album di
una bruttezza aberrante (secondo chi scrive). Ovviamente le vendite
calano ed i nostri sono costretti a dare nuova linfa al sound, serve
una lunga pausa riflessiva. La prima mossa è cacciare Vettese
ed il suo suono di plastica per ritornare verso sonorità Hard
Rock. Concepito nella casa del bassista Dave Pegg “Crest Of
A Knave” (Chrysalis-1987) riesce a miscelare brillantemente
tutte le caratteristiche principali dei Tull, un mix di rock, metal
e folk che oltre strappare consensi, si porta a casa pure il Grammy
Award per la categoria metal strappandolo agli "attapirati"
METALLICA. Non si può restare indifferenti davanti a brani
come “Budapest”, “Farm On The Freeway” o la
dolce “Said She Was A Dancer”, un grande sospiro di sollievo
da parte dei fans all’ascolto del flauto che ritorna più
incisivo e delle chitarre taglienti come non mai di Barre. Riff spietati,
sembra di trovarci davanti ad una nuova giovinezza, e questo lo si
denota pure durante gli spaventosi Live che ne seguono. L’ironia
ritorna a farsi presente, anche nella data di Milano i Tull si presentano
sul palco come dei vecchietti con tanto di strumenti che vanno a carbone
,quando le tastiere cominciano a stonare (ovviamente per scherzo)
le ricaricano con abbondanti palate di carbone! Molti i classici presentati
ed anche il sottoscritto ha avuto la fortuna di assistere ad uno spettacolo
impressionante da parte di questi vecchietti che elargiscono lezioni
alla stragrande maggioranza dei gruppi del periodo. Numero 19 in UK
e 33 in USA.
Sembrano ora lontani i tempi di “A”, ed è la volta
del mastodontico raccoltone '20 Years Of J.T.' del 1988. 5 LP che
racchiudono tutta la loro storia, dalle rarità radiofoniche
alle sigle di programmi televisivi, dalle b-side agli EP più
rari, compresa la rarissima 'Aeroplane'. Imperdibile per i fans e
per la rabbia dei collezionisti più assidui che si vedono in
un attimo sfumare il vanto di avere tutti i loro cimeli ottenuti con
inenarrabili sacrifici e non solo economici. Nella versione CD però
non ci troviamo tutto il ben di Dio presente nel cofanetto vinilico.
Settembre 1989, neanche il tempo di smaltire la sbornia del multiplo,
i nostri escono con un nuovo lavoro dal titolo “Rock Island”
(Chrysalis-1989). Onesto disco di buon rock anche se non è
nulla di trascendentale. Ma in effetti nessun disco da qui a venire,
racchiuderà in se un vero e proprio classico, la qualità
sembra essersi stabilizzata, ma senza grandi picchi compositivi. Così
vale pure per “Catfish Rising” (Chrysalis-1991). Ma i
fans devono tirare fuori dal portafogli molti soldi, perché
Anderson e soci producono diversi Live, “Live At The Hammersmith
1984” (Raw Fruit-1992) ed il bellissimo unplugged “A Little
Light Music” (Chrysalis – 1992) dove i Jethro Tull in
questo ambiente acustico sembrano trovarsi perfettamente a loro agio.
Classici, cover, veramente molte sorprese in questo disco che ovviamente
non deve assolutamente mancare da nessuna discografia degna di questo
nome.
Anderson trascorre felicemente i giorni della sua vita nel suo immenso
ranch, godendo a pieno della vita bucolica e aspettando l’ispirazione
giusta per il nuovo disco da proporre. Nel 1995 è la volta
di “Roots To Branches” (Chrysalis-1995), altro disco di
buona qualità che non fa gridare al miracolo, ma oramai abbiamo
capito, lo standard qualitativo è questo, non ci si può
aspettare di più, ma neanche di meno. Nello stesso anno ancora
un disco dal vivo, “In Concert” (Windsong-1995). Fresco
ed ovviamente colmo di classici sbattuti in faccia all’estasiato
pubblico incredulo della vivacità del gruppo, malgrado l’avanzata
età dei componenti. Il Rock a certi livelli fa assolutamente
bene…
Il tempo passa, è il caso di progredire, ma non nello stile
visto che abbiamo detto che la formula è giusta, ma almeno
nei testi. Si trattano argomenti mediatici nel nuovo “Dot.Com”
(Roadrunner-1999), ottimo modo per salutare il nuovo millennio.
Ancora un live per il dolore del nostro conto in banca, “Living
With The Past” (Varese Records-2002), e pure versione dvd. Ian
è più in forma che mai, così come il fido Martin
Barre. Delizia per le orecchie.
Oggi oltre che godere di altri lavori solistici di Barre e di Anderson,
possiamo ascoltare il nuovo “The Jethro Tull Christmas Album”
(2003). Nulla di nuovo nel versante, ma a questo punto non lo pretendiamo
più, così li amiamo, acustici, folk, duri, jazzati,
come piace a loro, non ci resta che ascoltare ancora la lezione di
questi immensi artisti. Sono o non sono i Jethro Tull?
Prima di chiudere questo veloce
speciale, vorrei ricordare alcuni fra i bootleg più interessanti:
FLUTE CAKE - registrato durante il concerto in Anaheim, Convention
Centre1972
REASON FOR WAITING - Uscito pure come 'My God' con canzoni storiche
datate 1971 anche se molte di queste le possiamo trovare nella raccolta
“legale” '20 years of J.T.'
RETROROC - Con tutto 'A passion play' e quasi tutto 'Thick as a brick',
dal vivo ovviamente...
SONGS FOR JEFFREY - Concerto del 1969 registrato a Stoccolma
Ed ora ricordiamo le raccolte uscite durante la loro carriera:
“M.U.The Best Of Jethro Tull” (Crysalis-1976)
“Repeat: The Best Of Jethro Tull Vol.2” (Chrysalis-1977)
“Original Masters” (Chrysalis-1985)
“Twenty Years Of Jethro Tull” (Chrysalis-1988)
“25Th Anniversary Boxed Set” (Chrysalis-1993)
“The Anniversary Collection” (Chrysalis-1993)
“Nightcap-The Unreleased Masters 1973-1991” (Chrysalis-1993)
“Through The Years” (EMI-1997)
“The Very Best Of Jethro Tull” (Chrysalis-2001).
Vi salutiamo con una chicca, lo sapevate che nei primi anni ‘70
alla chitarra ha suonato pure, per un breve periodo, un certo Tony
Iommi (Black Sabbath)?
Salari Max
Recensioni: Living With The Past; Christmas
Album; Nothing
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