Rock Impressions

Magnum - Into the Valley of the Moonking MAGNUM - Into the Valley of the Moonking
Steamhammer / SPV
Distribuzione italiana: Audioglobe
Genere: Pomp Metal
Support: CD
- 2009

Ecco un’altra formazione storica che torna in pista per confrontarsi col proprio pubblico, con l’orgoglio di chi ha sempre tenuta alta la propria tradizione fatta di buona musica, suonata con onestà e passione. I Magnum sono fra i migliori interpreti del cosidetto pomp rock, ovvero un tipo di metal o hard rock dove le tastiere giocano un ruolo chiave, spesso retto da partiture epiche e comunque magniloquenti, in questo genere i Magnum hanno toccato delle vette tuttoggi inviolate e questo disco prosegue in questa direzione, ormai la band non è più interessata in sperimentazioni, ma vuole solo fare la musica che gli riesce meglio, per la somma gioia di tutti i loro fans che nel tempo non li hanno mai abbandonati, nemmeno quando si sono sciolti per dar vita a progetti fotocopia dell’originale, come gli Hard Rain e i dischi solisti del singer Bob Catley.

Il nuovo disco di questi vecchi leoni continua nel segno della tradizione, l’intro malinconico e maestoso di tastiere ci cala subito in atmosfere magiche, che poi si concretizzano quando attacca “Cry To Yourself”, la classe del gruppo è rimasta intatta e le linee melodiche del brano sono quanto di meglio i Magnum potevano produrre, un superbo riff di chitarra, potente al punto giusto e Catley che canta con consumata bravura. “All My Bridges” è molto ruffiana e prevedibile, per me è una caduta di tono, che messa all’inizio dell’album sta proprio male e va nel senso contrario di quello che ho detto prima sul gruppo. Meglio la decisa e graffiante “Take Me To the Edge”, che ci restituisce i Magnum migliori, quelli più epici per intenderci. Dello stesso livello è la seguente “The Moon King”, la teatralità dei brani del gruppo è ancora una volta esaltata dalle doti canore di Catley. “Noone Knows His Name” prosegue sulla strada del pomp di classe, sembrano proprio i Magnum di The Eleventh Hour o Chase the Dragon. Altro bellissimo episodio è la struggente “Time to Cross That River”, una ballad davvero intensa. Da qui al finale del disco si viaggia su buoni livelli, senza grandi scossoni, solo mi sorprende il brano di chiusura “Blood on Your Barbed Wires Thorn”, che è retto da un riff troppo alla Rolling Stones, ma per il resto non è un brutto pezzo.

I Magnum sono una band che non ci riserva più grandi sorprese, ma molte gradite conferme si. Certo non sono il gruppo adatto per chi cerca sonorità moderne e sperimentazioni, ma chi ama il genere suonato dai Magnum sa che troverà quello che cerca fatto come si deve. GB

Altre recensioni: Livin' the Dream; Prince Alice and the Broken Arrow; Wings of Heaven Live;
On The Thirteenth Day

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