Ammettiamolo, i Magnum non hanno mai fatto dischi brutti nella loro
carriera anche se sicuramente non tutti sono riusciti alla perfezione
o rappresentano dei capolavori imprescindibili, tuttavia a loro vanno
ascritte pietre miliari del pomp rock come "On A Storyteller's
Night", "Vigilante" o "Wings Of Heaven".
E se pensiamo che il nucleo compositivo è rimasto saldamente
in mano al sottovalutato chitarrista Tony Clarkin, così come
a Bob Catley è sempre toccato a Bob Catley...
Analizziamo ora questa nuova raccolta di brani che confermano la band
inglese fra i protagonisti della scena pomp rock internazionale e
lo fanno senza notare cedimenti o sbavature, recuperando la brillante
vena ispiratrice dei citati capolavori pur restandone un mezzo gradino
sotto.
Forse la scelta di affidare ai sette minuti della cadenzata e pomposa
"All The Dreamers" il ruolo dirompi-ghiaccio dell'album
non è la scelta più felice, ma se non ci lasciamo condizionare
da questo fattore, possiamo gustarci un maestoso susseguirsi di emozioni
e melodie dal sapore innegabilmente ottantiano, impressione ancor
più enfatizzata da "Blood Red Laughter", rocker in
tipico stile Magnum nel quale le tastiere ed il pianoforte del talentuoso
Mark Stanway godono di un importante ruolo non solo di supporto che
nella successiva "Didn't Like You Anyway" tratteggiano uno
staccato teatrale su cui Catley e Clarkin disegnano interventi irresistibili
per ogni loro fan di vecchia data, ed anche il refrain lascia immaginare
Bob sul palco che arringa il pubblico a seguirlo.
Con grande mia gioia, i Magnum non hanno ancora dato il meglio dell'album
così eccomi dinanzi alla titletrack, elegante uptempo ricco
di melodia e vigore cui manca quel piccolo quid per essere magnifica
anche perchè è da comparare con la successiva "Let
It Rain", aperta da pianoforte e voce che si apre ad una cascata
di fresche armonie catchy di matrice AOR che meriterebbero massicci
passaggi nelle radio del globo (chissà...). Uno dei migliori
momenti del disco!
"Dance Of The Black Tattoo" cambia totalmente atmosfera,
i toni si fanno inaspettatamente più serrati, heavy (come quasi
mai prima nella storia della band) e cupi pur mantenendo una base
di inconfondibile epicità, ma probabilmente come scaletta non
è l'ideale da collocare subito dopo la solare "Let It
Rain" e prima di "Shadow Town", altro uptempo solare
guidato dal pianoforte di Stanway che si dota di un refrain intenso
e maestoso.
A Stanway viene dato ampio spazio nella esecuzione della malinconica
ballad "Putting Things In Place", magnifico episodio ispirato
sia nella costruzione che nella realizzazione e con un Catley particolarmente
appassionato. Il ritmo si vivacizza con "Broken Promises",
altro episodio in pieno stile ottantiano che alterna una strofa più
lenta ad un refrain più vivace e coinvolgente ed un Clarkin
assolutamente esplosivo nell'assolo.
L'intrigante "See How They Fall" sarebbe stata una magnifica
opener, invece si trova al decimo slot, così solo a questo
punto possiamo gustarci un brano epico e pomposo di grande spessore
qualitativo che precede un'altra bella canzone, il mid-tempo di "From
Within" ricco di emozionanti armonie e cori.
Per la cronaca, questo capitolo discografico della band di Birmingham
è disponibile nella versione che vi ho descritto sinora, oppure
in edizione digipack limitata con un secondo cd contenente sei bonus
trakcs, oppure come doppio vinile.
Concludendo... una delle migliori uscite discografiche del 2012 ed
uno dei migliori albums dei Magnum. Direi che non vi è bisogno
di altro... o no? ABe
Altre recensioni: Livin' the Dream; Princess
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