L’eclettico chitarrista svedese Mattsson si cimenta in un disco
completamente strumentale a distanza di ben quattordici anni da “Electric
Voodoo”. Con esso mette alla prova le sue qualità di
compositore più che quelle di esecutore, dedicando molta attenzione
al brano e alla sua più omogenea sonorità.
Ecco allora fuoriuscire da ogni dove Riff massicci e penetranti, alternati
a momenti acustici ed esoterici. “Earthbound” è
suonato interamente da Lars escluse le percussioni affidate ad Eddie
Sledgehammer. Ampio spazio dunque al motivo in se, “From The
Skies” evidenzia entrambe i lati di Lars, un senso per la composizione
molto spiccato e buona tecnica individuale. Nella title-track “Earthbound”
si prosegue con un suono granitico e sentori di axe man anni ’80
come Tony Mc Alpine. Per rendere l’ascolto fluido è necessario
variare sonorità ed armonie, infatti questo accade in “Time
Capsule”, folkloristico ed ammaliante. Lars dunque sa come non
annoiare, ed ecco allora l’ indiana “Delhi” a dimostrazione
ancora una volta della duttilità della proposta.
“Shredhead” riporta l’attenzione sulla chitarra
elettrica ed in questo caso si corre sulla sua tastiera. La repentina
frenata sopraggiunge in “The Orchid”, una canzone semplice
e pacata. Tornano i suoni distorti con “Free Wind” e come
da scaletta lasciano spazio successivamente a quelli acustici di “Song
Of The Wood”. L’Hendrixiana “Closet Eyes”
è davvero bella, ma ancora di più la spaziale “…Later”
che sembra essere un augurante “… a risentirci a presto”.
“Earthbound” è un disco chitarristico leggermene
fuori dai canoni, non solo scale impossibili ma molta musicalità.
Più che sufficiente. MS
Altre recensioni: Power Games; War;
No Surrender; Tango;
Burning Bridges
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