Ebbene dal bravo chitarrista finlandese non mi aspettavo un album
con della musica così variegata. E’ semplice oggi affogare
nelle sabbie mobili del genere, dove tanto è stato narrato
e poco di nuovo ultimamente si è detto. Generalmente si ripercorrono
i soliti binari, chi verso i Dream Theater, chi Symphony X, Shadow
Gallery, Pain Of Salvation e tanti altri ancora, ma Lars Eric Mattsson
questa volta ha avuto un momento creativo eccellente. Il disco precedente
del 2008 non è che sia stato malvagio, anzi, però mancava
di quel pizzico di coraggio in più, quello che oggi è
stato tirato fuori. Voglio ricordare comunque che il bravo chitarrista
ha avuto una carriera molto prolifica, non solo sotto il nome Mattsson,
ma è stato coinvolto in altri progetti più o meno noti,
per farvi alcuni nomi i Vision, Book Of Reflections ed i buoni Condition
Red.
In questo “Tango”, ottimamente prodotto dalla Lions Music,
si incrociano differenti stili, dal Metal Prog Classico all’Hard
Rock, per poi passare nel Blues e poi via verso sonorità anni
’70, anche con voce femminile, quella di Adrienn Antal. Proprio
un sunto della sua carriera. Lo stile impeccabile di Mattsson ha il
pregio di non andarsi ad avvinghiare nelle ragnatele del tecnicismo,
troppo spesso fine a se stesso, bensì si diverte a scalare
pentagrammi in maniera anche ruffiana, badando semplicemente al sodo,
ossia all’emotività del brano. Il fido batterista Eddie
Siedgehammer disegna ritmiche e controtempi puliti e trascinanti,
mentre anche la voce di Markku Kulkka ben si amalgama nei differenti
stili, a dimostrazione di una buona duttilità.
I brani che compongono “Tango” sono undici e tutti di
motivato interesse.
Subito scale neoclassiche sin dall’iniziale “Never Stand
Down” ma già una sorpresa, il ritmo cambia e diventa
improvvisamente Reagge! Ottimo il ritornello e l’esplosività
ritmica. Heavy Metal supportato dalle tastiere in “Believe”
ed un Sitar, tanto per rimanere nell’argomento variabilità.
La title track è ovviamente un Tango, semplice e diretto, solamente
graffiato di tanto in tanto da qualche scarica elettrica. Per ascoltare
la voce maschile bisogna giungere a “The Grand Escape”,
cantato in coppia con Adrienn. Qui lo stile di Mattsson è inconfondibile,
comunque sia non mancano repentini cambi di tempo ed umorali. Divertente
il conclusivo Blues “Slave To The Road”, dimostrazione
della grande cultura musicale dell’artista. Non c’è
tuttavia un brano che può considerarsi leader, tutto viaggia
spedito come un treno.
Questo è un disco per un pubblico assolutamente vasto, accontenta
sia chi vuole energia Metal e chi della semplice e buona musica. Consigliato.
MS
Altre recensioni: Power Games; War;
Earthbound; No
Surrender; Burning Bridges
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