Eccoci
ancora una volta a parlare di questi grandi veterani e ancora una
volta lo facciamo con immenso piacere. Il southern rock è uno
dei miei generi musicali preferiti di sempre e i rocciosi Molly Hatchet
hanno sempre occupato un posto importante in questo movimento. Oggi
li ritroviamo con la formazione oramai stabilizzata, anche se della
formazione originale è rimasto solo il chitarrista solista
Dave Hlubeck, mentre la leadership è passata nelle mani del
capelluto Bobby Ingram, ma musicalmente le cose non sono cambiate
di una virgola e questi rockettari sono rimasti fedeli a se stessi
e ai propri fans.
Si parte subito sul sicuro con l’hard boogie di “Been
to Heaven… Been to Hell”, il gruppo nonostante gli oltre
trent’anni sulle spalle riesce ancora a graffiare. Si procede
su terreni sicuri con “Safe in My Skin”, una canzone muscolosa,
perfetta per l’immagine macho, tutta pelle e sudore di questi
irriducibili wild boys. “Deep Water” è aperta da
delle keys ottantiane che sembrano fuorviare un po’, ma poi
le chitarre riportano il pezzo sulle coordinate giuste. “American
Pride” parla già il titolo, più conformisti e
conservatori di così si muore, gran bel solo di chitarra. Meglio
la lunga “Gonna Live ‘til I Die” dove il gruppo
mette un impegno compositivo maggiore. Ma il pezzo forte è
“Fly On Wings of Angels (Somer’s Song)” una ballad
molto intensa dedicata ad una bimba di sette anni trovata uccisa,
forse da un pedofilo, a lei è dedicato praticamente tutto il
disco a testimonianza di un importante impegno civile della band.
“As Heaven is Forever” è un’altra ballad,
strano che sia stata posta subito dopo la precedente, al cui cospetto
perde un po’ il confronto. Con “Tomorrows and Forevers”
si torna al rock pieno di grinta, anche se è meno tagliente
dei brani di apertura. “Vengeance” è sicuramente
il pezzo che più si stacca dal classico repertorio dei nostri,
ed è anche uno dei più interessanti, peccato che arrivi
verso la fine. “In the Darkness of the Light” è
ancora una ballad molto elettrica, costruita su una base blues che
prende forza battuta dopo battuta. Chiude il brano “Justice”
dedicato alla storia dei famigerati fratelli Danton, una tipica storia
western che i Molly interpretano con grande passione.
Per i fans della band giustizia è fatta, grande southern rock,
come sempre, pochissime novità e molta passione, certo certi
brani sono decisamente anacronistici, ma chi ama queste sonorità
sa di poter andare sul sicuro, fedeli più che mai i Molly Hatchet
non deludono i loro sostenitori, gli altri restano a guardare. God
bless Molly Hatchet! GB
Altre recensioni: Warriors of the Rainbow
Bridge; Live in Hamburg; Regrinding
The Axes
Live Report: 2012
Sito
Web + MySpace |