Questo
gruppo fa la gioia di chi, come me, ama i Porcupine Tree, gli Anathema
e gli Opeth. Il quartetto polacco è al suo secondo disco, dopo
“Out Of Myself” e proseguono il concept incentrato sull’essere
umano. Questa è una trilogia che vuole toccare l’amara
realtà dell’individuo, sottolineando i suoi errori per
passare poi al successivo tentativo di ricominciare una nuova vita.
La terza parte di questa storia verrà raccontata nel prossimo
cd.
Musica da ascoltare ad occhi chiusi, o perlomeno al buio per poterne
gustare a pieno il suo messaggio emozionale. “After”,
con il semplice e risicato giro di note, spiega alla perfezione il
credo Riverside e la voce del bassista Marsiusz Duda è degno
connubio. Il quartetto ama giocare con brani lunghi che spaziano dagli
otto ai quindici minuti, ma anche con quelli più brevi e diretti.
“Volte-Face” sembra uscire da “Deadwing” dei
Porcupine Tree. Il ritmo è alto, ma si alterna con naturalezza
a brevi cambi umorali sostenuti dalle ottime chitarre di Piotr Grudzinski.
Un lavoro serio, che riesce a colpire la nostra attenzione anche nei
passaggi tastieristici di Michal Lapas.
La copertina del disco rappresenta il sound del gruppo, una pittura
oscura ed anonima. “Conceving You” è veramente
bella, come tutti i brani toccanti degli Anathema e degli Opeth (quelli
acustici ovviamente). I suoi tre minuti e mezzo ci accompagnano verso
la mini suite capolavoro “Second Life syndrome”. Questo
è quello che la musica Progressive può fare, comunicare
forti emozioni, far pensare, rilassare o sconvolgere.
L’inizio di matrice Pink Floyd periodo “Wish You Were
Here” è spettacolare, altrettanto l’evolversi del
brano. Altalenanti cambi di ritmo dell’attento batterista Piotr
Kozveradski compongono il selciato dove si stagliano le sostenute
chitarre di Grudzinski. Si prosegue con la veloce “Artificial
Smile”, ancora una volta debitrice al sound di Wilson e soci.
Con un giro di basso si apre “I Turned You Down”, momento
più solare pur restando sempre nei canoni “Dark”.
Molta magia fra le note, soprattutto nella strumentale “Reality
Dream III”. Si prosegue senza momenti di stanca tra frangenti
ariosi fino a sforare in territori Metallici. Ancora mini suite ed
ancora pane per i nostri denti, “Dance With The Shadow”,
altro momento meditativo e di forte impatto emotivo. Il disco si conclude
con “Before”, canzone più commerciale e degno sigillo.
Capolavoro? No, manca ancora quel qualcosa che fa dei Porcupine Tree
un modello quasi irraggiungibile, ma la strada è senza dubbio
quella giusta. Comprate ad occhi chiusi “Second Life Syndrome”,
in esso c’è indubbiamente un overdose di emozioni. MS
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