Per scrivere le note biografiche di questo progetto servirebbe lo
spazio di un intero articolo, ma cercherò di essere essenziale
per non rubare spazio alla musica. Il bassista italo finlandese Marco
Bernard (che negli anni settanta ha fatto parte degli Elettroshok)
nel 1995 è entrato nella Finnish Association for Progressive
Music e dall’anno successivo collabora con il Colossus Magazine.
Abbiamo trovato il suo nome fra i promotori della famosa collaborazione
con la Musea, che ha già dato vita ad una ventina di bellissimi
concept album (molti recensiti anche nelle nostre pagine). A seguito
di questa esperienza, che lo ha messo in contatto con musicisti di
tutto il pianeta, ha deciso di dar vita al presente progetto, che
ha un nucleo stabile in Steve Unruh (voce, chitarra, violino, flauto
e altro) e Kimmo Porsti (batteria), a questo nucleo si sono aggiunti
come ospiti tantissimi artisti, più o meno famosi, che hanno
contribuito al progetto sempre con grande entusiasmo, così
come è avvenuto per i concept album, ne voglio ricordare alcuni:
la trilogia The Spaghetti Epic, The Colossus Project, The Seven Samurai,
la trilogia sulla Divina Commedia, spesso legati al mondo del cinema
e tutti ricchi di ottimi brani.
The Imperial Hotel, che si presenta con un pregevole artwork di un
sempre più bravo e visionario Ed Unitsky, è il terzo
album di questo gruppo ed è composto da soli cinque brani in
classico stile prog. Il primo brano è “After the Echoes”
è stato composto da Octavio Stampalia, premiato compositore
di sigle televisive, per il presente disco ha pennellato una prog
song molto pianistica, che pesca dai Genesis, ma anche dalla classica,
con ottime armonizzazioni e un arrangiamento spettacolare, siamo in
pieno prog sound con continui cambi di tempo ed atmosfera, forse un
po’ barocco, ma sicuramente molto corale e sinfonico. “Limoncello”
è stata composta da Robert Webb ed è un brano scoppiettante,
con ritmi complessi vagamente latin, ottimo il lavoro di chitarra
di Yoshihisa Shimizu, per non parlare del violino di Steve, magico,
il prog proposto nelle melodie cantate ha qualcosa di splendidamente
fanciullesco, ma nelle parti strumentali ha tutta la tensione dei
grandi classici. “Victoria’s Summer Home” è
l’unico brano breve e interamente strumentale, composto da David
Mayers è suonato dallo stesso al pianoforte e da Steve che
propone alcuni effetti di sottofondo. La title track è la vera
piece de resistence, una suite di quasi mezz’ora piena di bei
momenti e di grandi aperture liriche, summa e condensato di quanto
di meglio è stato prodotto in ambito prog in tutti questi anni,
da gustare e rigustare per scoprirne tutti gli ingredienti. Il brano
finale “Into the Lake” è stato offerto da Linus
Kase (Brighteye Brison, Anglagard) e ne sarebbero andati fieri anche
i Gentle Giant, magia allo stato puro, prog di altissima qualità.
Non credo sia rimasto molto da aggiungere, forse il nome di questo
progetto potrebbe far sorridere qualcuno, ma sono certo che quelli
che vorranno mettere le proprie orecchie su questo cd proveranno emozioni
forti. GB
Altre recensioni: Lost and Found;
On We Sail; Archiviarium;
Omnibus; Gulliver
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