Ciao
Derek. Il tuo ultimo album ‘Mythology’ è, come
il precedente, ricco di nomi importanti della scena rock mondiale
e non solo rock. Come sei riuscito a mettere insieme una così
folta lista di special guest?
In realtà non è
stato difficile. Alcuni musicisti come Simon Philips, Zakk Wylde o
Tony Franklin, avevano già collaborato al mio precedente disco
solista. Questa volta ho avuto l’onore di avere nel mio disco
colui che considero un vero genio ed una fonte d’ispirazione
costante per me, ossia Allan Holdsworth. Mi sento molto privilegiato
per aver avuto questa opportunità. Per quanto riguarda Steve
Stevens invece, abbiamo suonato per circa 3 anni insieme nella band
di Billy Idol e da tempo volevamo ritrovarci a suonare insieme e quando
ho cominciato a lavorare a ‘Mythology’ ho pensato di offrirgli
di essere della partita…
Nel disco troviamo anche altri due chitarristi importanti
e completamente diversi fra loro: Steve Lukather e John Sykes, come
sei riuscito a coinvolgerli?
John (Sykes) mi ha invitato a far parte della sua band, i
Blue Murder, insieme a Marco Mendoza e Tommy Aldridge per fare un
tour in Giappone ed io non solo ho accettato l’offerta ma appena
ho avuto l’occasione gli ho chiesto di suonare in mio pezzo:
è suo il solo centrale in ‘God Of War’. Quanto
a Steve Lukather ha un modo di suonare così inconfondibile
e quando ho iniziato a scrivere ‘Going To Church’, ho
subito pensato a lui…
Quindi mi confermi che quando inizi a scrivere un brano hai
già in mente il musicista con il quale vorresti collaborare…
Devo ammettere che è così. So che per me è
una grande fortuna poter fare questo, so di essere molto fortunato.
Ogni qualvolta mi viene in mente un riff di chitarra penso subito
a come lo suonerà Zakk: per me lui è il chitarrista
heavy per eccellenza, ha dentro di sé la tradizione dei Black
Sabbath e l’attualità del suono del terzo millennio.
Quando ho scritto ‘Day Of The Dead’ pensando a lui.
Il disco, a differenza di altri progetti di tuoi colleghi,
risulta essere frutto di un processo naturale, malgrado i molti generi
che si susseguono fra loro; qual è il tuo segreto?
Quando penso ad un mio disco solista, desidero che in esso
ci sia un mix di tutto ciò che mi piace. Io ascolto veramente
di tutto senza pregiudizi: nel cd player della mia macchina ci sono
adesso il best dei Van Halen, Dr. Dre ed altri dischi uno differente
dall’altro. Credo che scrivere musica che in primo luogo ti
piaccia e nella quale riconoscersi sia fondamentale.
Come convivi con il tuo essere stato il tastierista di una
delle più importanti band della fina degli anni ’90 come
i Dream Theater?
Sono stati 4 anni fantastici. Con loro ho fatto il giro del
mondo 4 o 5 volte. È stata la prima volta che mi sono sentito
non un session man ma un membro effettivo di una band. Con loro ho
imparato molto sia per quello che concerne la stesura dei pezzi che
l’affinamento tecnico. E’ stata fin dall’inizio
un’ esperienza molto competitiva.
Ci puoi svelare come sei entrato nella band? Hai dovuto fare
un’audizione?
Ti svelo l’arcano: Kevin Moore aveva dato forfait appena
‘Awake’ era stato terminato all’indomani dell’imminente
tour. La band aveva bisogno quindi di un tastierista che imparasse
nel più breve tempo possibile le partiture. Jonathan Mover,
il batterista di Joe Satriani mi disse che i Dream cercavano un tastierista
ed io sono andato all’audizione. Alla fine la loro prima scelta
era Jordan Rudess ed io ero al secondo posto. Jordan però aveva
degli impegni precedentemente presi con i Dixie Dreggs e così
sono entrato io nel gruppo, avevo il 50% di possibilità secco
e ce l’ho fatta.
Dal momento che nel tuo nuovo disco c’è una
canzone cantata (‘River Song’), ci dobbiamo aspettare
un disco di canzoni a breve?
‘River Song’ è quello che può chiamare
una vera jam cantata, nel senso che mentre la suonavamo, Zakk ha preso
il microfono ed ha iniziato a cantare. La parte di voce ed il testo
sono nati lì per lì ed io ho voluto metterla nel disco
proprio per il suo senso di totale spontaneità. Non so cosa
potrò scrivere in futuro, al momento non ci penso, o almeno
non è nei miei piani di fare un disco interamente cantato.
Nel tuo album precedente c’erano due cover di Jeff
Beck, nel nuovo invece non ci sono cover ma è indubbio che
‘Alpha Burst’ paga un forte tributo al modo di suonare
la chitarra dell’ex chitarrista degli Yardbyrds.
Sicuramente Jeff Beck è una grande fonte d’ispirazione
per me, ma non è stata una mossa fatta a tavolino, come ti
ho già detto io scrivo musica che mi piace e Jeff Beck mi piace
molto così come la fusion.
Ci sarà la possibilità di vederti mai suonare
dal vivo i brani di ‘Mythology’?
Sarebbe bellissimo, ma credo che sia quasi impossibile poter
riuscire a portare in tour tutti gli ospiti che hanno suonato nel
CD. Io però sto pensando di organizzare una data, uno special
event, qui a Los Angeles, in cui invitare i miei amici musicisti e
suonare insieme per una sera i pezzi dei miei due dischi solisti.
E magari poi pubblicare un DVD live?
L’idea sarebbe quella, o un DVD o un CD live. Credo
che sarebbe l’unico modo perché altrimenti credo che
sarebbe davvero difficile trovare musicisti in grado di suonare i
brani dei miei CD…
Non credi che sarebbe bello però, da parte tua, dare
l’occasione a giovani musicisti…
Sarebbe bello e sono sempre pronto a collaborare anche con
bravi musicisti anche sconosciuti. Alle volte il tempo però
è tiranno.
JM
Intervista 2003
Recensioni:
Black Utopia; Mythology;
Blood of the Snake; Molecular
Heinosity
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