Penso che siano pochi quelli che tra voi non sanno che Sherinian ha
fatto parte dei Dream Theater di A Change of Season, prendendo il
posto che fu di Kevin Moore. In seguito Derek ha fatto parte anche
di Planet X e Platypus.
Black Utopia segue il precedente solo Inertia pubblicato nel 2001
e mi sembra di capire dalla bio che questo nuovo capitolo solista
è più metal e meno "fusion" del precedente.
Ad accompagnare Derek troviamo un cast impressionante che parla da
solo: Lukather, Wylde, Malmsteen, DiMeola e Brian Ticky (l'unico che
non conosco) alle chitarre, Franklin e Sheehan al basso, Phillips
alla batteria e il violinista Jerry Goodman dei Mahavishnu Orchestra
(una formazione storica di jazz rock degli anni settanta), ogni commento
è davvero superfluo, ma voglio sottolieare che ognuno da il
meglio di se e talvolta sembra quasi che gareggino simpaticamente
fra loro.
I nove brani che compongono Black Utopia sono degli esempi impressionanti
di tecnica e passione. Derek ha fatto centro e ha messo insieme delle
tracce molto varie, il cui unico difetto e l'assenza di vocals, mentre
la levatura degli ospiti le rende imperdibili. Si attacca con "The
Fury", un intro dove Malmsteen sciorina uno dei sui straripanti
solos e che lancia "The Sons of Anu" un pezzo di metal progressivo
impressionante, molto strutturato e ricco di cambi e con il contributo
di DiMeola che risulta tuttaltro che prevedibile. L'irruenza funambolica
di Wylde esplode invece in "Nightmare Cinema" all'insegna
di un prog metal cattivissimo e trascinante. "Stony Days"
è più morbida e consona al talento di Lukather e permette
anche a noi di tirare un po' il fiato dopo le scorribande precedenti.
"Starcycle" è una cover di Jeff Beck (uno a caso)
ed Lukather che se ne assume l'onere. Molto divertenti i duelli fra
Zakk e Yngwie in "Axis of Evil", due chitarristi così
diversi che riescono ad incontrarsi, forse. "Gypsy Moth"
è un breve flamenco e da la possibilità a DiMeola di
esprimersi in territori più consoni. "Sweet Lament"
è un polpettone romantico molto stonato per la sua prevedibilità,
per fortuna dura poco. Chiude l'album la progressiva e feroce "Black
Utopia" a suggello di un disco solista altamente godibile che
vale sicuramente l'acquisto, non solo per gli artisti coinvolti, ma
perché è veramente bello.
Mi accorgo solo adesso di aver parlato più dei chitarristi
che del padrone di casa, ma questo non era il disco di un tastierista?
Derek, oltre ad essere un valido musicista si è dimostrato
anche un ottimo regista, il suo apporto al disco è sopra le
righe come quello di ogni artista che vi ha partecipato, ma è
particolarmente bravo perché ha saputo dare molto più
spazio agli ospiti che non a se stesso. GB
Altre recensioni: Mythology;
Blood of the Snake;
Molecular
Heinosity;
The Phoenix
Interviste: 2003; 2004
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