Andy Tillison ritorna con un’altra opera rock, l’ottavo
album in studio in circa undici anni, il nostro ha ormai imboccato
la strada giusta e sembra inarrestabile. Nonostante le sue produzioni
attuali, a mio parere, siano meno avventurose di quanto fatto con
la band PO90, ha ottenuto una certa fama con questo suo progetto solista,
dove si è sempre attorniato di stelle del prog internazionale
e anche in questo lavoro i nomi grossi non mancano, da Theo Travis
al sax e flauto a Jonas Reingold al basso, poi ci sono Gavin Harrison
alla batteria e Jakko Jakszyk alle chitarre. Per fugare subito alcune
critiche lo stesso Tillison ha dichiarato di essersi ispirato ad alcuni
lavori per la stesura di quest’opera, primi su tutti i Moody
Blues di The Day of Future Past, poi il Concert For Group and Orchestra
dei Deep Purple e infine l’album Amused to Death di Waters,
ma questo non eviterà altri accostamenti ai più attenti
di voi.
Il disco si apre col rumore piuttosto fastidioso di una sveglia, in
fondo una giornata lavorativa parte un po’ per tutti allo stesso
modo… con una sveglia appunto e credo che tutti la odiamo più
o meno profondamente. Il risveglio è brusco, la musica è
caotica, poi una voce narrante ci racconta di come gli uomini inizino
il proprio giorno più o meno allo stesso modo in tutto il mondo.
La musica è lirica, un prog sinfonico che ricorda certe overture
classiche, una partenza in pompa magna, ma anche un tantino prevedibile.
“Morning Journey and the Arrival” è la suite portante
del disco, oltre ventidue minuti di grandi suggestioni prog, per carità
non si ascolta nulla di veramente nuovo, ma solo valanghe di prog
fatto a regola d’arte, certo abbiamo già i classici,
ma per chi non è sazio ci sono passaggi davvero esaltanti ed
è miele per le orecchie (i più puntigliosi noteranno
alcune affinità coi VDGG in certi passaggi). Comunque ogni
brano è scandito dal passare del tempo e così anche
“Afternoon Malaise”, l’altra grande suite propone
un inizio scandito da un tichettio, subentra una batteria molto libera,
ma poi si torna ad un prog sinfonico piuttosto prevedibile, anche
se condito con melodie ariose di grande respiro. Anche in questo caso
ci sono passaggi superlativi, per chi ha voglia di ascoltare. I circa
tre minuti di “A Voyage Through Rush Hour” sembrano quasi
un incidente di percorso, ma è un pezzo di virtuosismi alle
tastiere. Buona anche la chiusura “Evening TV”, sempre
all’insegna di un prog visionario e ricercato.
L’album infine propone tre bonus tracks, la prima è “Muffled
Ephiphany” anche in questo caso Andy mette in risalto le sue
qualità pianistiche su una base più jazzata che prog.
“Hat” è una curiosità, Tillison a inizio
carriera faceva punk! Avete capito bene e questo è un tributo
a quel periodo. Infine troviamo una versione radiofonica di “Evening
TV”.
Tillison non si smentisce, il suo amore viscerale per il prog emerge
con prepotenza e forza ancora una volta, questo disco farà
la gioia di tutti i suoi seguaci, i supercritici avranno nuovo pane
per nuove critiche e tutti gli altri potrebbero stare a guardare,
ma io credo che la passione quando è vera e sincera vada premiata
e quindi vi invito a non temere di accostarvi a questo album. GB
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