Nel
nuovo prog i supergruppi e i side projects stanno spuntando come i
funghi, ma non credo si tratti di una manovra commerciale, anche perché
dubito che siano molti gli appassionati che possono permettersi di
farsi tutte le discografie di tutti i gruppi (anche solo di quelli
validi) compresi i dischi solisti, i live semi ufficiali, le edizioni
limitate distribuite attraverso i siti internet e quant'altro ancora.
La verità è che il movimento prog di questi anni gode
di un fermento incredibile, all'estero ci sono festival favolosi dove
gli artisti si incontrano, scambiano le loro idee e spesso decidono
di intrecciare i loro percorsi, riuscendo a sviluppare una serie infinita
di progetti, non sempre esaltanti, ma spesso pregevoli.
I Tangent sono stati messi in piedi da Andy Tillison, il tastierista
dei Parallel Or 90 Degrees, uno dei migliori gruppi dell'etichetta
Cyclops, che purtroppo non è più distribuita in Italia.
Andy ha raccolto intorno a se il grande saxofonista David Jackson,
ex Van Der Graaf Generator e metà Flower Kings: Roine "prezzemolo"
Stolt, il bassista Jonas Reingold e il nuovo drummer Zoltan Csorsz,
oltre al compagno Sam Baine e a Guy Manning.
L'album è diviso in quattro sezioni, la prima si intitola "In
Darkest Dreams" ed è composta di otto brani, ha un sound
molto classico di inequivocabile derivazione seventies, un organo
hammond introduce il primo brano e da subito iniziano a scorrere fiumi
di calde emozioni, la musica possiede una carica irresistibile. Nel
secondo brano Roine canta con quel suo stile malinconico e sognatore
molto particolare, mentre il sound continua ad essere compatto e altamente
godibile, vecchio prog che non vuole tramontare. Assoli di chitarra
e tastiere si intrecciano, mentre il sax si insinua continuamente
con grande classe. Reingold è un grande bassista e con Csorsz
da vita a dei ritmi molto dinamici. Il sax di Jackson non ha perso
lo smalto di un tempo e regala delle emozioni esaltanti. "The
Canterbury Sequence" è un esplicito tributo al sound jazzato
di quel movimento ed è composto da tre brani favolosi. "Up
Hill From Here" è un solo pezzo all'insegna di un prog
energico e vagamente space. Conclude la sezione che da il titolo all'album,
la musica si fa più tranquilla e a tratti intimista, con la
predominanza delle tastiere, anche se troviamo la scatenata "Pre
History".
Questo disco è un atto d'amore per i seventies, ma è
anche un capolavoro prog e si candida come uno dei migliori dischi
dell'anno, non fatevelo scappare. GB
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Intervista: 2003
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