Questo nuovo titolo rappresenta il secondo album del nuovo corso delle
tigri più famose del metal, un disco importante per capire
il valore di questo ritorno. Già l’artwork dell’emozionante
Rodney Matthews mi ha riportato alla memoria tanti grandi album e
mi ha fatto sentire molto più giovane. Poi un altro tuffo al
cuore l’ho provato vedendo che alla produzione c’è
un altro nome mitico: Chris Tsangarides, che già era responsabile
dei primi due album della band, insomma un ritorno in grande stile.
La line up è quasi inalterata con il solo cambio del bassista,
Brian West, che ha lasciato il posto a Gavin Gray, alla voce quindi
c’è sempre quella grande ugola di Jacopo Meille, il motore
ovviamente è sempre il chitarrista Robb Weir, che divide il
lavoro con Dean Robertson, mentre alla batteria c’è Craig
Ellis.
Il disco parte con un giro acustico e sembra quasi tradire le attese,
ma è solo la frazione di un secondo ed ecco ruggire le chitarre,
il riff portante è anthemico e potente come ai tempi migliori
e la sezione ritmica pulsa con la forza giusta, Jack sfodera la sua
voce migliore e tutto gira che è una meraviglia “Keeping
Me Alive” è una canzone di apertura praticamente perfetta.
“These Eyes” è meno d’effetto, ma non manca
di determinazione, buone le linee melodiche e il tutto regge. “One
of a Kind” è molto melodica, la robustezza dell’heavy
metal si stempera in un rock di grande classe e denota una vocazione
americaneggiante che i Tygers non hanno mai disdegnato. Più
secca e diretta “Rock & Roll Dream”, bella linea di
basso, in questo pezzo è proprio la sezione ritmica a fare
la parte del leone (ops… della tigre!). “She” ha
un avvio un po’ scontato, che mi ricorda gli Scorpions, poi
però il brano prende una strada personale e convincente. “Man
on Fire” ha una linea intrigante, che si stacca dal resto del
repertorio, costruita su un giro blues energizzato cattura per intensità.
L’adrenalina torna a scorrere veloce con “Play to Win”,
uno di quei brani che piacciono sempre dal vivo. Era tempo di una
ballatona ed ecco “Burning Desire”, molto elettrica, ma
carica di passione. “Hey Suzie” riporta alla mente la
celebre “Suzie Smiled”, ma non ha la stessa forza, paragone
scomodo, ma il pezzo non è male. “Mr. Indispensable”
ha invece il tipico riff che cattura fin da subito, infine si chiude
con la veloce “Speed”, il brano giusto per un sano headbanging.
I Tygers confermano il buon momento con questo disco, che non presenta
novità, ma solide conferme. Ambush è un disco per tutti
gli amanti dell’heavy rock, certo oggi l’heavy metal è
un’altra cosa e questo a molti giovani sembrerà più
hard rock, ma negli anni ottanta la NWOBHM ha segnato una rivoluzione
che in forme diverse dura tutt’oggi e i Tygers a pieno titolo
sono fra i gruppi che hanno guidato questa rivoluzione. GB
Altre recensioni: Back and Beyond;
Animal Instinct; The
Wild Cat Sessions;
The Spellbound Sessions; Noises
From the Cathouse
Live Reportage: 2008
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