Tra i vari tentativi di rilanciare la storica band, il chitarrista
Robb Weir (unico membro originale rimasto) sostituì il dimissionario
Tony Liddell con Richie Wicks (bassista con gli Angelwitch), che a
sua volta lascerà la band dopo aver contribuito al presente
album. Lo sostituirà il nostro Jacopo Meille, come forse saprete.
Il precedente Mysticall non era andato bene, ma a Weir la tenacia
non è mancata e così ecco dopo tre anni questo nuovo
album. Il resto della formazione presente comprende Dean Robertson
alla chitarra solista, Brian West al basso e Craig Ellis alla batteria,
quest’ultimo è l’unico insieme a Weir ancora in
formazione. Alla produzione invece troviamo un altro grande personaggio,
Chris Tsangarides, lo storico produttore dei primi due album del gruppo
e non è un dettaglio.
La scaletta di questa ristampa è stata stravolta e non rispetta
l’originale. Si parte con l’anthemica “Bad Bad Kitty”,
un riff secco e sincopato e una buona grinta mostrano un gruppo ancora
pieno di voglia di rockare. “Highspeed Highway Superman”
è un brano più riflessivo e meno coinvolgente, ma mostra
una voglia di scrivere canzoni un po’ più ricercate e
meno immediate. Richie ha una bella voce, molto adatta, ovviamente
pensando che è stato sostituito da Meille sono contento di
come siano andate le cose, ma qui ha fatto un buon lavoro. “Cybernation”
è un brano riflessivo, lento e post moderno, ai Tygers è
sempre piaciuto sperimentare con sonorità diverse ed è
una caratteristica che ho sempre apprezzato in loro, bello il refrain.
Con “Boomerang” si torna al metal più coinvolgente,
adrenalina pura. Anche con “Running Man” il gruppo continua
a sperimentare, pur restando nei confini di un metal classicheggiante,
ma non usuale. “The Spirit Never Dies” ha già un
bel titolo, si snoda una canzone che alterna parti lente e introspettive
a sfuriate metalliche di ottimo pathos. Dopo l’elevazione ecco
la “caduta” goliardica: “Three in a Bed”,
con un metal frizzante e molto rock ‘n’ roll, che ricorda
il primo David Lee Roth. Di tutt’altra pasta “Déjà
vu”, una ballad malinconica e introspettiva che mi piace molto
per l’intensità raggiunta. “Godspeak” è
un brano duro e cattivo, sembra quasi più adatto agli Angelwitch
piuttosto che ai Tygers, con esclusione del finale che sperimenta
con nuove sonorità molto ai limiti del metal. Chiude “Master
of Illusion”, una piece de resistance prog metal, è la
prima volta che i TOPT si cimentano con questo genere e direi che
ne sono usciti a testa alta. Un brano epico, che non brilla di originalità,
ma che ha un buon incedere.
Oltre alla rimasterizzazione troviamo anche tre bonus tracks. La prima
è una versione alternativa del secondo brano, più motorbyker
per intenderci. Le altre due sono due classici del gruppo, “Slave
to Freedom” e “Don’t Touch Me there”, abbastanza
fedeli alle originali.
Questo era un buon album, che poteva segnare la resurrezione dei Tygers,
ma le cose all’interno della band non hanno funzionato e si
è dovuti attendere l’arrivo del nostro Jacopo per dare
la stabilità necessaria per far girare il tutto. GB
Altre recensioni: Back and Beyond;
Animal Instinct; The
Wild Cat Sessions;
The Spellbound Sessions; Ambush
Live Reportage: 2008
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