Ormai
ogni nuova uscita dei russi Caprice è diventato un appuntamento
certo per il nostro sito, un gruppo che mi ha affascinato fin dal
primo ascolto, ma di certo non mi sarei aspettato un album come questo.
Il leader del gruppo, Anton Brejestovski ha voluto dare una svolta
al suo gruppo neo classico, abbracciando sonorità rock l’aggiunta
di una chitarra elettrica, di un sintetizzatore analogico, del basso
e della batteria, oltre ad altri strumenti più classici, questo
porta una ventata di freschezza al sound dei Caprice.
L’album inizia con un invito ad entrare nelle mondo fantastico
che si materializza ascoltando la musica di questi musicisti visionari,
poi parte un brano molto gothic, con tanto di batteria e sonorità
cariche di mistero, un brano da brividi, per non parlare dell’ingresso
della chitarra elettrica e del cantato intenso di Inna Brejestoskaya,
da brividi. “Monday Tuesday” è un brano tradizionale
che sa di musica celtica, del resto il tema è ancora la foresta
(per certi versi vicino alla trilogia Elven Music), molto solare,
qui il gruppo torna alla formula già sperimentata senza strumentazione
moderna. La title track è anch’essa un tradizionale con
il testo preso da un racconto dei fratelli Grimm, pura magia e grande
senso drammatico. La quarta traccia viene dal tardo medioevo e ancora
una volta si resta incantati dalla finezza di questi artisti, che
sanno suonare in modo davvero sublime. Anche “Mary Morison”
ci restituisce i Caprice a cui siamo abituati con un’altra ballata
festosa e allegra. “Philomel, With Melody” viene presa
addirittura da William Shakespeare, una specie di ninna nanna che
si ascolta e riascolta e si trova sempre lo stimolo di ricominciare
ancora. “Christmas Lullaby” scritta da Anton non ha bisogno
di molte spiegazioni, ma ricorda molto Enya nello stile e nell’incedere
vagamente solenne. “Blacksmith” è un tradizionale
che non aggiunge molto a quanto già espresso per i brani precedenti,
ma non è certo un filler. “The Dusk of Kimmeria”
è un breve intermezzo domintato da un pianoforte evocativo
e profondamente malinconico, un tocco di gran classe. Più o
meno la stessa atmosfera plumbea domina anche la successiva “More”,
ma è un breve strumentale elettronico. “Peggy O”
è ancora un tradizionale riarrangiato dai Caprice alla loro
maniera, ma torna la batteria e gli atri strumenti moderni, che musicalità.
Chiude una fanciullesca bonus track “Fae Fae Fae…”
davvero incantevole, una specie di girotondo dalla vitalità
irresistibile.
Questo nuovo disco segna quindi una svolta modernista, che dovrebbe
poter conquistare nuovi fans, senza perdere i vecchi, che comunque
ritroveranno quasi tutti gli elementi che avevano reso magici i precedenti
lavori dei nostri nella maggior parte dei brani proposti, ma le “nuove”
song che belle che sono! GB
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