Life Line Project è un fiume in piena, per meglio dire Erik
De Beer, il suo fondatore, sta godendo di un periodo di fulgida fertilità.
L’olandese prosegue il cammino intrapreso con “The Finnishing
Touch” e “Modinha”. La proposta musicale è
pressoché la stessa di sempre, un Prog tastieristico a tratti
profondo ed intimistico e a volte gioviale e colorato. Questa volta
però c’è qualcosa in più, le composizioni
sono più articolate e curate. Gli strumentisti che accompagnano
Eric sono numerosi, praticamente una piccola orchestra, con Elsa De
Beer (flauto), Dineke Visser (oboe), Josine Fraaij (violini), Jason
Eekhout (chitarre), Jody Van Der Gijze (chitarra), Iris Sagan (basso)
e Luda De Murlanas (batteria).
I brani cantati sono solamente tre e sono affidati alla dolce voce
di Maruschka Kartasanta. Ancora una volta la carta vincente di Erik
sono le melodie, espresse con il moog e con tutto ciò che piace
ad un fans nostalgico del Prog che fu. La delicatezza di questo artista
si legge fra le note di ogni brano, dove mette a nudo la propria personalità,
lasciando trasparire anche la sensibilità dell’anima.
In un mondo musicale dove tutti gridano, a volte è bello potersi
imbattere in progetti più pacati, dove tutto fluttua in un
contesto colorato, perfettamente composto da tonalità pastello.
Molto espressiva anche la copertina del cd preparata da Jason Eekhout,
così il completo libretto, il quale racchiude tutti i dettagli
del caso.
“Distorted Memories” è anche il titolo del primo
brano che segue dopo un breve intro dal titolo “Ignition”.
Scanzonato, giocoso, quasi irriverente, si basa su fughe tastieristiche,
su un violino elettrico che dona un senso barocco all’ascolto,
l’oboe ed il flauto per un risultato dal sapore antico. “Life
Line Suite 2010” presenta la band come è oggi, una musica
ispirata da cambi umorali e comunque sia nel complesso molto semplice.
Ariosa e delicata, in dieci minuti racconta della storia del Prog
e molto si avvicina a quella di band come Rousseau, Tibet o Neuschwanstein.
Sensazioni antiche dunque, ma sempre attuali, come in “Frozen
Hearth” che però è stata concepita nel 1981. Qui
voce e flauto aprono davanti agli occhi di chi ascolta paesaggi bucolici,
grazie alla vena Folk che la sorregge. Jason Eekhout compone anche
il brano “Caelum Aurum”, chitarra acustica in cattedra
per sensazioni che palesano la cultura di un popolo nordico sempre
aperta ad ogni tipo di soluzione. Ci sono perfino brani estrapolati
nel tempo, come “Acustic Spring” del 1984 e la bella suite
finale “The Final Word” composta nel 1993. Il disco si
chiude con una bonus track, “The Dancing Dutchess”, un
pezzo folcloristico tedesco riarrangiato, dal titolo originale “Hop
Maryanneke”.
Erik De Beer è un artista che respira la musica e la filtra
in melodie gradevoli. “Distorted Memories” è un
buon mediatico per passare un ora di serenità. Altro centro.
MS
Altre recensioni: Modinha; The
Finnishing Touch; The King; Beyond
Time; The Journey; Time
Out; 20 Years After; Armenia
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