La
storia recente dei Marillion ha dell'incredibile, stanchi e amareggiati
dai rapporti con la majors hanno intrapreso la strada dell'autoproduzione
e fin qui niente di strano, quello che sorprende è che hanno
deciso di finanziarsi chiedendo ai fans di acquistare con un anno
di anticipo il loro disco. Hanno usato questo stratagemma con l'album
Anoraknophobia e hanno raccolto circa 12.000 adesioni. Con il nuovo
Marbles è andata anche meglio, sono arrivati infatti a quota
13.000 e hanno stabilito che i proventi extra saranno reinvestiti
per finanziare tour e altri dischi, alla faccia di un mercato discografico
ingessato, che non riesce ad uscire da una crisi sempre più
grave.
Dai tempi dell'uscita di Fish il gruppo ha intrapreso una strada evlutiva
che ha scontentato gli appassionati del progressive più classico,
ma li ha portati oggi ad esplorare nuove sonorità ai confini
del pop meno commerciale. Il sound presente in Marbles sembra un mix
di U2 degli anni '90, Radiohead, Coldplay e i Landberk di Indian Summer,
con sprazzi pinkfloydiani dal sapore psichedelico.
L'opener "The Invisible Man" è una lunga suite che
cattura con le sue spirali avvolgenti, prog psichedelico di grande
efficacia, che ci mostra un gruppo vitale che ha ancora voglia di
sperimentare con la musica. "Marbles" è divisa in
quattro parti disseminate lungo la tracklist in modo casuale, per
la verità sono dei brevi lenti, malinconici e un po' fiacchi.
Il terzo brano è il primo singolo dal titolo "You're Gone",
una traccia vagamente commerciale che ricorda proprio certe cose degli
U2, anche se fra i due preferisco gli irlandesi per la loro musicalità,
lo stesso brano è presente anche come bonus in versione remix.
"Angelina" è un pezzo minimalista e atmosferico,
anche troppo per i miei gusti. "Don't Hurt Yourself" è
una ballad acustica molto pop con un piacevole crescendo. "Drilling
Holes" è il primo brano un po' robusto, costruito su un
un'atmosfera piuttosto inquietante che ricorda i Porcupine Tree. L'ultimo
pezzo è "Neverland", il brano più bello e
intenso dell'intero album.
I Marillion sono cambiati, probabilmente cambieranno ancora, almeno
fintanto che la loro sete di sperimentare non si sarà estinta,
potete anche decidere di ignorarli, ma penso che non se lo meritino.
GB
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Marbles special collector edition 2CD
Intact
I Marillion scrivono il loro capolavoro.
Se con l’aggettivo “progressive“ vogliamo sottolineare
la capacità di una band di mettersi in dubbio artisticamente,
di ricercare sempre nuovi stimoli e sonorità, di accettare
sempre nuove sfide, beh, allora i Marillion sono una vera “progressive
band” e forse lo sono più ora che non quando iniziarono
la loro carriera con quel ‘Script From a Jester’s Tear’
che aveva di progressive solo la “forma” ma non la “sostanza”.
La versione per i fans di ‘Marbles’ è composta
di 15 canzoni distribuite su 2 CD, 11 delle quali sono andate poi
a comporre il CD singolo che è stato messo regolarmente in
vendita. E’ un lavoro al primo ascolto spiazzante, per la scelta
di prediligere atmosfere rarefatte e tempi relativamente lenti, eppure
estremamente affascinante e che ti mette voglia di ascoltarlo subito
di nuovo.
Marbles non è un concept, o almeno non viene presentato come
tale, ma dal punto di vista musicale necessita di un ascolto in blocco.
I Marillion tentano di esplorare i lati misteriosi ed intimi della
musica e dell’animo, utilizzando un linguaggio spesso sussurrato,
fatto di sfumature ed accordi sospesi, di testi ora diretti, ora ricchi
di metafore. La voce di Hogart non è mai stata tanto evocativa
ed i suoi testi mai così perfettamente in sintonia con la musica
che accompagna e sostiene la voce per poi lasciarsi andare a momenti
strumentali mai barocchi che vedono come protagonista la chitarra
di Steve Rothery, chitarrista che con gli anni continua stupire per
gusto, misura e feeling.
Marbles è un bellissimo disco che non esaurisce il suo fascino
dopo i primi ascolti e che ha il solo difetto di ‘esigere’
dall’ascoltatore il tempo necessario per poterlo ascoltare e
farlo penetrare nel profondo dell’animo. JM
Altre recensioni:
Script For a Jester's Tear;
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is the Road
Intervista
Articolo
Live Reportages: 2004; 2007
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