Gli
Arena fin dal loro inizio proseguono una strada evolutiva tutta personale
nel panorama del new prog, certamente lontana da mode e tendenze,
tanto è vero che utilizzano una propria etichetta per i loro
dischi e bisogna ricordare che nella loro patria, l’Inghilterra,
il prog sembra non interessare più a nessuno, ironia della
sorte per il paese che ha dato il contributo più significativo
al genere in questione.
Il gruppo albionico sembra aver finalmente trovato una certa stabilità
al suo interno, infatti negli ultimi dischi la formazione non è
più cambiata e questo si è tradotto in una coesione
salutare. Il sound della band si è via via rafforzato ed è
diventato molto più teatrale rispetto agli inizi. A dire la
verità sembra quasi che questo nuovo lavoro segua un po’
il secondo capitolo partorito dalla coppia formata dal tastierista
Clive Nolan e da Oliver Wakeman (anche lui tastierista e figlio del
ben più famoso Rick) ispirato al romanzo The Hound of the Baskervilles.
Le storie contenute in Pepper’s Ghost (a giudicare dalla copertina
del cd, visto che non abbiamo ne booklet ne bio) sembrano infatti
aggirarsi in una Londra ottocentesca con personaggi molto poco rassicuranti.
Del resto le storie del gruppo hanno sempre avuto un che di inquietante.
Caratteristiche esaltate dal tastierismo atmosferico di Nolan, dal
chitarrismo ruvido di John Mitchell e da una sezione ritmica dinamica
e fantasiosa. Il singer Rob Swoden è un interprete sempre ispirato,
anche se la sua prestazione convince meno che in passato, forse più
a causa di un missaggio penalizzante che non per un calo personale.
Questo disco piacerà moltissimo ai fans del gruppo albionico,
ma non mi sembra male nemmeno per accostarsi con curiosità
alla saga degli Arena, che conta già numerosi capitoli convincenti.
GB
Altre recensioni: Breakfast in Biarritz;
Contagion, Contagious;
Live; Ten Years On;
Rapture
Interviste: 2000; 2004
Retrospettiva su Clive Nolan
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