Torna sul mercato una delle band più promettenti del circuito
prog nordico, con il settimo disco in circa dieci anni. I Beardfish
sono un gruppo pieno di creatività e lo hanno dimostrato con
un disco più bello dell’altro ed ovviamente siamo curiosi
di scoprire cosa ci hanno preparato per questo nuovo The Void.
Andy Tillison dei Tangent presta la voce per un intro parlato, poi
attacca “Voluntary Slavery” un brano molto metallico e
settantiano, denso di rabbia, ai limiti dell’heavy metal, il
prog sembra un ricordo sbiadito, ma poi le ritmiche si complicano
e riportano l’accento su un certo modo di fare musica, anche
se l’impianto selvaggio resta. “Turn to Gravel”
è più articolata, con dissonanze interessanti, ma in
un clima sempre molto seventies, con qualche accenno anche a certi
emozionanti groove dei King’s X. “They Whisper”
possiede un incedere accattivante, con una bella melodia dominante
e variazioni sul tema che finalmente fanno molto prog, uno dei momenti
più riusciti del disco. Con “This Matter of Time”
si riparte da una base heavy rock quasi prepotente, ma poi come in
una spirale si arriva ad un prog nervoso e Crimsoniano di grande spessore.
“Seventeen Again” è costruita su una base jazzata,
che si stacca decisamente dal resto di quanto ascoltato prima, anche
se poi converge in un prog molto lirico e barocco. “Ludvig &
Sverker” appare meno significativa, ma non è un brutto
pezzo. “He Already Lives in You” affronta temi psichedelici,
con grandi passaggi strumentali. “Note” è una suite
di oltre un quarto d’ora, ricca di spunti e di idee, come ogni
buona suite, un brano post moderno di buon spessore, anche se un po’
poco avventuroso in certi passaggi, migliora nella seconda parte.
La partita si chiude con la blueseggiante “Where the Lights
Are Low”, un blues sporco e settantiano, che aggiunge un momento
introspettivo all’album, ricco di pathos.
Ancora un bel disco da questi nordici pieni di talento, che continuano
nel segno di un prog sempre in movimento, sempre diverso, mai statico,
magari non sempre geniale, ma almeno loro ci provano a non fare mai
le stesse cose e non è un merito da poco. GB
Altre recensioni:
Sleeping in Traffic: Pt.1; Sleeping
in Traffic: Pt.2; Destined Solitaire
Intervista: 2008
Live Reportage
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