Perso nel 2001 il leader storico Stuart Adamson in modo drammatico,
sembrava finita l’avventura della formazione più famosa
della ribelle Scozia, ci avevano provato i tre membri restanti come
trio a nome BBW (le loro iniziali) nel 2008, ma il disco “In
Our Name” non ha funzionato, poi ecco l’idea di tenere
viva l’importante tradizione con l’innesto di un’altra
gloria, un po’ dimenticata, Mike Peters degli Alarm, una formazione
che è sempre stata vicina per stile ai Big Country, il punk
rock, però ancora una volta qualcosa non ha funzionato e il
massiccio bassista Tony Butler, che tanto caratterizzava il sound
della band ha lasciato pure lui, non ultimo si è consumato
anche in divorzio da Ian Grant, per lunghi anni manager molto importante
e molto presente. Cosa aspettarsi da questi “nuovi” Big
Country? Qualche dubbio è stato fugato con la pubblicazione
dell’imponente live “Edinbourgh Picture House”,
doppio cd e doppio dvd, uscito in due versioni, una registrata il
15 aprile e l’altra il 21, ma la vera risposta è questo
nuovo album in studio, che è il modo migliore per testare la
solidità della nuova formazione.
L’avvio è ultraclassico, “In A Broken Promise Land”
è una canzone in perfetto stile Big Country, chitarre grintose,
richiami al folk rock e un ritmo incalzante che mette voglia di muoversi,
non poteva esserci avvio migliore. “The Journey” è
anche meglio, è un chiaro invito a guardare avanti, a non arrendersi,
un brano retto da una melodia vincente, che esprime al meglio la voglia
di questi musicisti di non arrendersi, una voglia che vogliono trasmettere
a tutti i loro fans. “After the Flood” è un brano
più impegnativo, molto rock e poco melodico, il ritmo è
tribale, e il gruppo mostra molta grinta. “Hurt” è
una ballad retta da un buon ritmo, non è un brano memorabile,
ma è comunque molto sentita. Si chiude il “primo atto”
del disco e si apre il “secondo” con un brano molto punk,
“Home of the Brave”, che inizialmente sembra acustico,
ma ben presto si scatena un riffing incalzante e decisamente duro,
che non lascia dubbi, mai prima i Big Country avevano proposto una
tale carica, nemmeno nei brani più heavy. “Angels &
Promises” è la vera prima ballad, sempre abbastanza rock,
con una bella linea melodica, sono ancora i Big Country! “Strong
(All Through This Land)” è un buon brano, non è
contagioso come quelli in apertura, ma ha personalità. “Last
Ship Sails” è un’altra track in pieno punk style,
energia e potenza, rabbia e voglia di rockare… i Big Country
non hanno certo gettato le armi! Il “terzo atto” del disco
si apre col singolo “Another Country” uscito nel 2011
e che per primo ha presentato l’innesto di Mike, a raccogliere
l’eredità di Stuart, un buon pezzo, che ancora una volta
conferma come la tradizione della band sia ancora viva, con tanto
di chitarre che fanno l’imitazione delle cornamuse. “Return”
è un altro brano anthem azzeccato, di quelli che si cantano
volentieri col pubblico dal vivo. “Winter Fire” è
malinconica e avvia ad una chiusura un po’ triste, che raggiunge
il suo apice con la conclusiva “Hail & Farewell”,
una bella ballata molto mesta, ma non credo che, a discapito del titolo
e della posizione del brano, sia un addio.
Ho amato molto i Big Country, sono sempre stati uno dei miei gruppi
di riferimento e quando è morto Stuart sono veramente rimasto
addolorato, ora ci sarebbe da chiedersi se ha senso portare avanti
il gruppo senza di lui che era l’anima della band? Il disco
è molto bello, ma non basta, ci vuole una motivazione più
forte. Mike, nel booklet del live citato, ha scritto delle parole
di presentazione molto belle, lui dice di essere sempre stato fan
dei Big Country e ha raccontato un episodio in cui lui, Stuart e Bruce
si sono ritrovati insieme a The Edge degli U2 (l’altra grande
band di punk rock del periodo) in un camerino a scambiarsi idee durante
il tour di War dell’83, in cui i Big Country facevano da spalla
agli U2… è una storia che continua e io sono molto contento
che la tradizione della band venga portata avanti, in fondo credo
che sia il modo migliore per onorare la memoria di Adamson e credo
che i fans lo capiscano.
Al di là di queste mie riflessioni più o meno lecite
trovo che The Journey sia proprio un gran bel disco. GB
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Rarities 2; Under
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Driving To Damascus
Live report: 2013
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