Rock Impressions

Steve Hackett STEVE HACKETT - To Watch the Storm
Insideout


Penso che siano in pochi a non sapere che Hackett è il chitarrista dei Genesis, anche se ormai bisognerebbe parlare al passato, soprattutto per quello che i Genesis rappresentavano musicalmente. Il loro Prog ha fatto scuola e oggi, dopo più di trent'anni, c'è ancora chi si ispira a loro nel comporre musica.

Definirlo un musicista fondamentale non è quindi un complimento, ma una costatazione. Oggi la sua discografia solista è molto più interessante di quel poco che è rimasto del suo vecchio gruppo, attualmente parcheggiato in naftalina.

Questo nuovo capitolo non deluderà certo i suoi fans, perché Steve ha prodotto un lavoro brillante e ispirato facendosi aiutare da un folto manipolo di guests: Roger King alle tastiere, Rob Townsend a vari strumenti acustici, Terry Gregory al basso, Gary O'Toole alla batteria, Ian McDonald al sax in una traccia e vari altri.

L'album si apre con la delicata "Strutton Ground", i fantasmi del passato danzano dolcemente sulle note malinconiche di questa traccia molto bella. "Circus of Becoming", come può indicare il titolo, ha un incedere clownesco, ma è meno scontata di quanto si potrebbe pensare, con una bellissima parte centrale di organo. "The Devil is an Englishman" è una traccia molto elettronica e sinistra, piuttosto teatrale, un brano divertente, ma non molto originale. "Frozen Statues" è un interessante e atmosferico preludio a uno dei brani migliori del disco "Mechanical Bride", una traccia acida, rabbiosa, che mescola jazz e improvvisazioni ad un prog duro e aggressivo dall'atmosfera molto cupa, vagamente Krimsoniana. "Wind, Sands and Stars" presenta delle fantasie ispirate di chitarra e tastiere su atmosfere spagnole e gitane. "Brand New" ricorda certe progressioni degli Yes, rilette con una diversa personalità. "This World" la prima sembra il tema di una colonna sonora di un film strappalacrime: bella, ma un po' troppo mielosa, mentre la seconda rifà ancora il vesro agli Yes più pastorali, si salva solo l'assolo di chitarra. "Rebecca", invece, a discapito del titolo è molto più seria e interessante, presentando una bella progressione. "The Silk Road" è un brano carico di umori orientali e gioca a creare atmosfere con ritmiche elettroniche e brillanti intuizioni strumentali fra la world music e la psichedelia. "Come Away" è un brano vivace, con un impianto folk molto solare, ma anche un po' banalotto. "The Moon Under Water" è un brano di chitarra acustica dal sapore medioevale molto ispirato. "Serpentine Song" chiude con classe un album che ci restituisce un grande artista ancora molto ispirato. GB

Altre recensioni: Metamorpheus; Wild Orchids;
Out Of The Tunnel’s Mouth;
Genesis Revisited Live; The Tokyo Tapes;
Genesis Revisited: Live 2

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