Non
so perché questo disco non sia uscito a nome Steve Howe’s
Remedy, visto che la formazione per tre quinti è la stessa
e anche la musica proposta è molto simile in questi due album,
ma il buon Steve (già con Yes e Asia) sembra aver già
abbandonato il “nuovo” moniker. Al suo fianco ritroviamo
i due figli Dylan alla batteria e Virgil al moog, mentre al basso
c’è quel portento di Tony Levin e alle tastiere l’astro
nascente di Oliver Wakeman che sta seguendo le orme dell’illustre
padre.
Quindici tracce per un’ora di musica è quanto ci propone
il buon Steve spaziando in generi molto diversi fra loro alla ricerca
di una continua esplorazione musicale, una sete che il nostro non
ha ancora estinto nonostate gli anni passati a suonare di tutto e
dopo essere diventato uno dei più ammirati axeman del circuito
rock ed aver inventato uno stile chitarristico molto originale.
Certo che tutti questi brani strumentali sono un piatto un po’
pesante da assimilare, ma sono così vari e ben congeniati che
difficilmente ci si stanca ascoltandoli.
Ora non ha senso fare un track by track, cosa che a me non è
mai piaciuta molto, ma preferisco dirvi che Howe è in splendida
forma e anche i suoi figli stanno dimostrando di essere cresciuti
musicalmente e già questa deve essere una soddisfazione che
pochi musicisti possono permettersi, davvero invidiabile. Poi Levin
non ha bisogno di particolari commenti è semplicemente uno
dei migliori bassisti in circolazione. Wakeman infine brilla di luce
sempre più propria (a quando un disco col padre?).
In sostanza sono certo che i fan di Howe sapranno apprezzare questo
disco che completa la discografia del nostro aggiungendo un altro
gustoso capitolo alla sua sterminata discografia. GB
Altre recensioni: Homebrew 1 & 2;
Spectrum; Elements;
Homebrew 3
Intervista
Live
Report
Artisti
correlati: Yes; Asia; Steve Howe's Remedy
|