Aspettavo con grande curiosità questa seconda uscita, perché
il primo album di questo gruppo mi aveva stregato. Gli OSC sono un
gruppo molto particolare, anzitutto già la parola “gruppo”
va stretta, perché gli OSC sono dei musicisti provenienti da
varie nazioni (principalmente Danimarca, Svezia e America), che hanno
iniziato a trovarsi insieme con l’unico intento di jammare,
poi le cose sono venute così bene che hanno iniziato a incidere
le loro jam sessions, che in seguito sono state distribuite ai fans.
Nel loro sito è possibile scaricare oltre venti ore di musica
gratuita (avete capito bene!) e sempre sul sito hanno messo in vendita
ben dieci cd contenenti il materiale migliore. Un gruppo molto “fuori”
dagli schemi, che se ne frega delle convenzioni discografiche e che
è animato unicamente dalla passione per la musica.
Il genere, come lascia intuire il nome del gruppo, è lo space
rock, ma potremmo parlare ovviamente di psichedelia, di prog music,
ma non mancano momenti legati al jazz, alla musica cosmica di Schulze
e anche qualche passaggio vicino all’hard rock. Ovviamente il
riferimento primo va agli Hawkwind, ma possiamo citare anche Gong,
Ozric Tentacles, Ship of Fools, Camel e il nostro Paul Chain (sapete
che sta per tornare in pista con un nuovo moniker?) di lavori come
Sign From Space e Cosmic Wind.
Il nuovo album si presenta molto bene, con una grafica fantastica,
curata dallo straordinario Ed Unitsky, che ha già realizzato
le cover dei Tangent e alcune dei Flower Kings e di Guy Manning. Il
doppio cd è racchiuso in una confezione da doppio dvd, che
permette di appprezzare meglio la grafica. La cura riposta nel packaging
ci dispone efficacemente ad un viaggio fantastico nei più reconditi
meandri dello spazio.
Doppio cd, dicevo, per oltre due ore di musica onirica e suggestiva,
suonata da musicisti che sanno quello che fanno. Non sono improvvisazioni
campate in aria, perché hanno le sembianze di composizioni
studiate e volute, mentre in realtà il gruppo si è rinchiuso
per due giorni nelle sale di registrazione e il meglio di quanto partorito
(oltre cinque ore di materiale) è finito su questi due dischetti.
Ovviamente sono brani dilatati, che hanno tutti una durata piuttosto
lunga, come nella migliore tradizione di questo genere, ma personalmente
ho ascoltato quest’opera tutta d’un fiato senza provare
un attimo di noia e pensare che è tutta musica strumentale.
Buona anche la produzione.
Gli OSC sono dei veri freakettoni, gente che ha la musica nel sangue
e che ha capito la differenza fra fare musica e fare arte, certo non
so se il pubblico di oggi è preparato per accogliere come si
deve una formazione così atipica, ma sono convinto che ci sia
comunque una buona fetta di persone in grado di apprezzare e sostenere
un progetto così interessante. GB
Altre recensioni: Oresund Space Collective;
The Black Tomato; Good
Planets Are Hard To Find; Dead Man in Space;
Different Creatures
Interviste: 2007
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