Rock Impressions

Oresund Space Collective - It's All About Delay ORESUND SPACE COLLECTIVE - It's All About Delay
Transubstans
Distribuzione italiana: Black Widow
Genere: Space Rock, Prog Psych
Support: 2CD - 2006


Aspettavo con grande curiosità questa seconda uscita, perché il primo album di questo gruppo mi aveva stregato. Gli OSC sono un gruppo molto particolare, anzitutto già la parola “gruppo” va stretta, perché gli OSC sono dei musicisti provenienti da varie nazioni (principalmente Danimarca, Svezia e America), che hanno iniziato a trovarsi insieme con l’unico intento di jammare, poi le cose sono venute così bene che hanno iniziato a incidere le loro jam sessions, che in seguito sono state distribuite ai fans. Nel loro sito è possibile scaricare oltre venti ore di musica gratuita (avete capito bene!) e sempre sul sito hanno messo in vendita ben dieci cd contenenti il materiale migliore. Un gruppo molto “fuori” dagli schemi, che se ne frega delle convenzioni discografiche e che è animato unicamente dalla passione per la musica.

Il genere, come lascia intuire il nome del gruppo, è lo space rock, ma potremmo parlare ovviamente di psichedelia, di prog music, ma non mancano momenti legati al jazz, alla musica cosmica di Schulze e anche qualche passaggio vicino all’hard rock. Ovviamente il riferimento primo va agli Hawkwind, ma possiamo citare anche Gong, Ozric Tentacles, Ship of Fools, Camel e il nostro Paul Chain (sapete che sta per tornare in pista con un nuovo moniker?) di lavori come Sign From Space e Cosmic Wind.

Il nuovo album si presenta molto bene, con una grafica fantastica, curata dallo straordinario Ed Unitsky, che ha già realizzato le cover dei Tangent e alcune dei Flower Kings e di Guy Manning. Il doppio cd è racchiuso in una confezione da doppio dvd, che permette di appprezzare meglio la grafica. La cura riposta nel packaging ci dispone efficacemente ad un viaggio fantastico nei più reconditi meandri dello spazio.

Doppio cd, dicevo, per oltre due ore di musica onirica e suggestiva, suonata da musicisti che sanno quello che fanno. Non sono improvvisazioni campate in aria, perché hanno le sembianze di composizioni studiate e volute, mentre in realtà il gruppo si è rinchiuso per due giorni nelle sale di registrazione e il meglio di quanto partorito (oltre cinque ore di materiale) è finito su questi due dischetti. Ovviamente sono brani dilatati, che hanno tutti una durata piuttosto lunga, come nella migliore tradizione di questo genere, ma personalmente ho ascoltato quest’opera tutta d’un fiato senza provare un attimo di noia e pensare che è tutta musica strumentale. Buona anche la produzione.

Gli OSC sono dei veri freakettoni, gente che ha la musica nel sangue e che ha capito la differenza fra fare musica e fare arte, certo non so se il pubblico di oggi è preparato per accogliere come si deve una formazione così atipica, ma sono convinto che ci sia comunque una buona fetta di persone in grado di apprezzare e sostenere un progetto così interessante. GB

Altre recensioni: Oresund Space Collective; The Black Tomato; Good Planets Are Hard To Find; Dead Man in Space; Different Creatures

Interviste: 2007

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