Per tutti gli amanti dei viaggi interstellari ecco che ritornano i
nordici OSC, con la loro astronave sempre pronta a partire verso nuove
eccitanti mete galattiche. L’appuntamento con questa incredibile
anti-band è diventato una consuetudine particolarmente gradita,
solo per rinfrescarvi la memoria, questo progetto, che ruota attorno
alle visioni spaziali di un gruppo che metà danese e metà
svedese, è quasi una comune di musicisti, un po’ come
avveniva nei primi anni ’70 in America per quelle che col tempo
sono divenute le cosiddette “Jam Band”, comunque se c’è
un gruppo che più di tutti può fregiarsi del titolo
di Jam Band per antonomasia sono proprio questi OSC, che di fatto
incidono le loro jam sessions e i loro brani sono tutti rigorosamente
frutto di improvvisazioni. Ma questo i nostri lettori più affezzionati
lo sanno già.
Questo quinto album non si discosta molto dai precedenti, almeno a
livello di intenzioni, ma è ovvio che i paragoni finiscono
qui, a forza di suonare sempre con musicisti diversi, ma soprattutto
di “suonare”, gli OSC sono invevitabilmente cresciuti
e la loro caratura si sente tutta nei sei brani che compongono questo
lavoro. Sei traccie decisamente lunghe, vi viaggia da un minimo di
sei minuti ad un massimo di quasi venti, di musica space rock di ottimo
livello. Come al solito i nomi di riferimento sono sempre gli stessi,
dagli Hawkwind ai Pink Floyd, senza dimenticare la Kosmische Musik
tedesca di Schulze e dei Tangerine Dream con l’aggiunta di un
tocco di musica orientale che si adatta davvero bene a questo genere.
Le influenze esotiche compaiono in particolare nella title track che
è posta in apertura e nell’ultimo “MTSST”,
ma uno dei brani che mi hanno coinvolto maggiormente è il terzo
“Orbital Elevator” con le sue progressioni ritmiche irresistibili.
Certo occorre una certa predisposizione ad ascoltare musica interamente
strumentale come questa, che vuole farci viaggiare con la mente e
che richiede un coinvolgimento emotivo non indifferente, ma il senso
di appagamento ripaga ampiamente dell’impegno richiesto. Comunque
sia ci troviamo tra le mani un disco davvero coinvolgente, dall’inizio
alla fine.
Gli OSC sono una band che riesce a sorprendermi tutte le volte, sia
per la loro longevità, che per la loro creatività, a
lungo andare forse potrei abituarmi alle loro visioni cosmiche, ma
sono convinto che saranno sempre capaci di farmi provare delle belle
emozioni, come sempre. GB
Altre recensioni: Oresund Space Collective;
It's All About Delay; The
Black Tomato;
Dead Man in Space; Different
Creatures
Interviste: 2007
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