Quando si ha a che fare con Devin Townsend non si sa mai bene dove
si andrà a parare, questo folle personaggio del carrozzone
metal ci ha abituati ad ogni genere di disordine e di fantasie strane,
le sue visioni hanno abbattuto confini musicali e ridefinito cliché
e modelli, anche se talvolta i risultati non sono stati così
brillanti come si sarebbe voluto, come è successo col precedente
Ki, uscito solo qualche mese fa e che mi aveva lasciato abbastanza
freddo. Questo Addicted è il secondo capitolo di questa ideale
quadrilogia che ha come tema le collaborazioni con musicisti sempre
diversi, scelti in base al tema dell’album, in questo nuovo
la special guest è niente meno che Anneke Van Giersbergen (ex
The Gathering).
Addicted è un disco molto diretto ed heavy, per certi versi
siamo sulla stessa linea di altri album di Devin, come Ocean Machine
o Accelerated Evolution, con molta enfasi sui riffs di chitarra, che
vengono rimarcati, quasi come se fossero una base musicale, l’effetto
è quello di una metal dance, se mi perdonate il termine. Basta
ascoltare il primo brano eponimo, la base ritmica sembra estrapolata
dalla techno, ma il contesto è ovviamente metal, il cantato
di Townsend è disperato, gli effetti usati lo rendono ultraterreno
e spiritato, i brani si assomigliano molto l’uno all’altro
e si perde quella vena progressive, o free jazz metal se preferite,
che aveva contraddistinto le cose migliori del nostro. Anneke fa la
sua comparsa nel brano “Bend It Like Bender!” e ancora
sembra una pop song danzereccia su base metal, se questa pazzia l’avesse
proposta un altro, probabilmente sarebbe stato preso molto male, ma
forse con Townsend critica e pubblico saranno più benevoli…
forse, ma a me francamente queste sembrano solo furberie di uno che
vuol sembrare genio anche quando fa delle cose trascurabili. Gli arrangiamenti
sono soverchianti e spesso proprio quell’immediatezza ricercata
da Devin è la prima cosa che manca ai suoi brani.
Townsend ha dichiarato che questo è un album pieno di ottimismo,
che ha voluto fare un heavy metal lontano dalle forme depressive e
negative a cui siamo abituati, un album incentrato sulla luce, ecco
allora spiegato perché spesso ci siano richiami al pop danzereccio,
ma se le linee melodiche funzionano, o possono funzionare, a mio parere
manca di vero carisma, non basta avere una cantate di spessore come
Anneke per sorvolare su ritmiche martellanti e molto poco espressive.
Probabilmente l’intento di Addicted è autoironico e,
se questa è la giusta chiave di lettura, allora il risultato
è riuscito, mi chiedo però a chi possa veramente interessare
un artista che prende in giro se stesso, il dubbio più che
lecito è che Devin prenda in giro anche noi.
In sostanza questo disco per qualcuno potrebbe sembrare geniale, veramente,
ma più lo ascolto, più faccio fatica a trovare una sana
vena compositiva, che elevi questo disco e che lo renda memorabile.
Non basta che Devin si voglia divertire con la musica, vorrei che
facesse divertire anche noi come ha fatto ad esempio con Ziltoid,
ma non con questo Addicted ed è un peccato, perché certe
melodie, per quanto ruffiane, erano anche belle. GB
Altre recensioni: Synchestra; Ziltoid
the Omniscent; Ki;
Deconstruction + Ghost;
Epicloud; The
Retinal Circus
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