Leader
polistrumentista dei grandi Spock's Beard e comprimario nei Transatlantic,
Neal Morse ci presenta il suo secondo disco solista. Siamo molto lontani
dal prog che ha reso celebre il nostro, per le mani abbiamo una collezione
di tredici brani intimisti e molto pop composti in vent'anni di carriera
e che per motivi più o meno ovvi non hanno trovato ancora posto
nella discografia già conosciuta.
Negli anni settanta il prog si coniugava anche con uno stile compositivo
pulito e diretto senza scandalizzare nessuno, oggi non so come i fans
accoglieranno questo lavoro, ma a me piace proprio per questa sua
apparente semplicità. Per carità, non ci troviamo di
fronte a canzoni indimenticabili, Morse non è John Lennon e
nemmeno Elton John, ma il disco è onesto e permette di conoscere
più in profondità un artista che si fa apprezzare anche
per la sua vena melodica.
Lo stile è quello dei cantautori americani, con un certo accenno
anche alla tradizione inglese, che non puntano necessariamente alla
classifica, ma che vogliono raccontare prima di piacere.
Unico compartecipe di questo sforzo (almeno dalla bio in mio possesso)
è Nick D'Virgilio alla batteria, che sforna in contemporanea
il suo primo disco solista. Virtuosismi contenuti e tanto, tanto gusto
possono essere un bel modo per prepararci alle progressioni sonore
che ci aspettano. Spesso il cuore chiede un po' di poesia e di serenità
e allora vadano brani come "The Change" o "Oh Angie",
con quell'ottimismo solare che mette allegria e buon umore, siete
davvero sicuri di volerne fare a meno? GB
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