Ormai
si sa che Uli Jon Roth (ex Scorpions) è sinonimo di heavy metal
sinfonico, ma questa definizione è riduttiva, perché
si può azzardare che Mr Roth stia scrivendo pagine di musica
classica contemporanea. Ma Uli non è solo uno dei più
apprezzati guitar player di tutti i tempi, è anche direttore
d’orchestra, insegnante, pittore, scrittore, poeta, filosofo…
ha ideato lui stesso la chitarra in sei ottavi denominata Sky Guitar,
insomma è un artista poliedrico e completo. Tutti dovrebbero
conoscere la sua discografia, che è ricca di perle, anche perché
Uli, che ha iniziato nei primissimi anni ’70, non ha dato alle
stampe decine di dischi, ma ha sempre limitato la sua produzione cercando
di pubblicare solo dischi di alta qualità.
Under A Dark Sky ha tutti gli elementi per essere considerato un’opera
rock, c’è un coro con dodici elementi, sette cantanti
solisti fra cui spiccano Mark Boals (ex Malmsteen, Royal Hunt), Liz
Vandall (ex Sahara) e Michael Flexig (Zeno), e una piccola orchestra
di dodici archi, Uli si occupa di tutte le parti di chitarra, basso
e tastiere e canta in un paio di brani, la batteria è nelle
mani di Michael Éhre (Metalium), infine troviamo un percussionista
etnico e uno classico. Ma questa descrizione può dare solo
una vaga idea della maestosità del suono corposo proposto in
questo nuovo capitolo delle ambizioni musicali del nostro.
Anche la struttura della track list è indicativa in questo
senso, infatti troviamo dieci brani, due dei quali sono delle suites
composte da più movimenti. Ovviamente, essendo un’opera,
l’album è costruito su un concept (praticamente tutti
i dischi di Roth sono basati su concept) e il tema è la guerra,
ovviamente in chiave antimilitarista. L’incipit è molto
inquietante, c’è una sirena e i suoni concitati di un
alfabeto Morse, il clima è di attesa e paura al tempo stesso.
Poi ecco arrivare l’epica “Tempus Fugit”, titolo
molto azzeccato per descrivere l’urgenza. Ma il primo pezzo
forte è proprio la prima suite “Land of Dawn”,
composta da tre movimenti, Uli parte in quarta col suo chitarrismo
spaziale ed è una goduria ascoltarlo, poi con Boals alla voce
le emozioni sono garantite. Il bilanciamento tra hard rock e musica
classica ha raggiunto un livello notevole, praticamente perfetto.
“The Magic Word” è un inno antimilitarista dal
testo molto comprensibile, musicalmente è un brano complesso
con parti melodiche che si rincorrono, tra mistero e esplosioni di
vitalità. Questo però non è un disco che può
essere considerato smembrando pezzo per pezzo, ma va ascoltato nel
suo insieme e vi assicuro che non resterete delusi, perché
non c’è un solo momento debole o sottotono.
Uli Jon Roth ha consegnato alle stampe il suo lavoro più maturo
e completo, un lavoro che può sembrare per veri intenditori
di musica, ma vi assicuro che è anche molto immediato e piacevole
da ascoltare, poi il virtuosismo di Roth non ha bisogno di tante parole
per incantare. Dategli un ascolto, perché sarebbe un vero peccato
privarsi di un disco tanto bello. GB
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