Da quando ho incontrato gli RPWL la prima volta mi sono subito innamorato
della loro musica, questi musicisti tedeschi hanno saputo ridare vita
e dignità al Pink Floyd sound, come e meglio di quanto non
abbia saputo fare la storica band inglese, spingendo in particolare
sul lato progressive. I dischi che hanno prodotto sono uno più
bello dell’altro, live incluso, ed ero davvero curioso di sentire
come si sarebbe evoluto il percorso artistico di questa band.
Diciamo subito che The RPWL Experience è un disco superlativo,
il gruppo è riuscito a superarsi. Siamo sempre in presenza
di sonorità Floydiane e vicine anche ai Porcupine Tree, il
disco parte con la grintosa “Silenced”, una track lunga
e strutturata, che dopo un riffing aggressivo apre ad una visione
onirica veramente gustosa. “Breath In, Breath Out” è
una rock song retta da una bella melodia vocale, un po’ alla
Blackfield, ovvero quando il prog sposa le belle melodie ed è
una gran bella coppia! Più sognante è “Where Can
I Go”, ma siamo sempre nei confini di un rock venato da tinte
prog, un mix che non piacerà agli integralisti del prog, ma
che potrebbe affascinare tutti gli altri. “Masters of War”
è uno dei momenti più pinkfloydiani del disco, un brano
lento e particolarmente intenso, dove la poesia prende forza da un
songwriting solo apparentemente semplice. “This Is Not A Prog
Song” è un brano controverso, parte con un giro molto
sixties e poi deflagra in un rumorismo finale molto folle. “Watch
Myself” è una bella track, ma molto più prevedibile,
un po’ filler se volete. “Stranger” è puro
hard prog di splendida fattura, una track quasi crimsoniana e talvolta
anche molto psichedelica, ricca di suggestioni, per me uno degli episodi
migliori di tutto il disco. “River” è una parentesi
delicata e intimista, un angolo di poesia che mette in evidenza la
grande sensibilità di questi musicisti. “Choose What
You Want to Look At” è un altro momento dove energia
e tensioni progressive si sposano in un modo sublime, suoni ruvidi
e grandi melodie vocali, che scintille. L’ultimo brano “Turn
Back the Clock” è sinfonico, solare e solenne, una chiusura
in grande stile, che conferma i tedeschi RPWL fra le migliori realtà
prog degli ultimi anni.
La crescita di questi artisti ad oggi è stata continua e costante,
ovviamente non sappiamo come sarà il futuro e non vogliamo
azzardare sciocche previsioni, ma se questi musicisti manterranno
anche solo metà di questa creatività sarà comunque
abbastanza per gratificarci. GB
Altre recensioni: God Has Failed; Trying
To Kiss The Sun; Stock;
World Through My Eyes;
Start the Fire Live; Live
Experience; A
Show Beyond Man and Time
Interviste: 2003; 2004
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