INTERVISTA
AI PAIN OF SALVATION con Daniel Gildenlow di Giancarlo Bolther Vorrei partire subito da “Be”, uno degli album più complessi e profondi realizzato nella storia del rock… E’ sicuramente il concept più vasto e importante che abbiamo realizzato fino ad oggi e sono pienamente consapevole di questo, anche durante la stesura della storia stessa. Ma avevo anche preventivato che il responso a questo disco potesse essere abbastanza negativo e sono molto sorpreso nel vedere a distanza di un anno che le persone amano il disco, in particolare riguardo alla musica. Pensavo che sarebbe stato il nostro disco più odiato e invece con una certa sorpresa stiamo vedendo che è il nostro disco di maggior successo. Mi è piaciuto molto l’album, ma mi è piaciuto molto di più il dvd, perché non lo avete realizzato subito? Abbiamo scelto consapevolmente di far uscire prima il disco in studio, perché altrimenti avremmo avuta poca lucidità per tener distinte le due uscite. Quindi mi sono voluto concentrare prima sulla riuscita della versione in studio e in un secondo momento di quella dal vivo. Però non è solo un live album, è un progetto multimediale molto complesso, a metà strada tra un concerto, un musical, un film… Certo, abbiamo voluto utilizzare le tecnologie migliori per la realizzazione del dvd e fare del nostro meglio. Abbiamo scelto di proporre solo “Be” e di escludere il materiale precedente, perché volevamo fare un lavoro specifico. Io mi interesso a molte forme artistiche e cerco di proporle per sottolineare i concetti che voglio esprimere. Anche ai tempi delle registrazioni di The Perfect Element abbiamo avuto delle lunghe discussioni in studio, anche per divertirci, sulla possibile realizzazione di un film e ci chiedevamo quali parti avremmo voluto recitare, io pensavo ad un ruolo alla Dennis Quaid, hahaha. In “Be” ci sono molti stili musicali diversi e penso che sia limitante persino il termine progressive per un album come questo… Se pensi alla componente più aggressiva della nostra musica non puoi catalogarci prog metal, noi non ci consideriamo un gruppo di prog metal. Abbiamo chitarre distorte, ma anche momenti più cerebrali, umorali, ma in definitiva cerchiamo di suonare la musica che ci piace, quella che vorrei ascoltare quando accendo la radio, le etichette non mi interessano. Quanto tempo hai impiegato per completare “Be”? Io sento che “Be” non è ancora completo del tutto, è come un progetto in continua evoluzione. La prima volta che ho pensato a questo concept è stato nel 1996, ma ho iniziato a scrivere i testi e le musiche solo nel 2003. Ci sono stati vari livelli, il primo sono state le musiche, poi è venuto il concept, poi la rappresentazione live, in seguito abbiamo realizzato il dvd… andrà avanti ancora. Quindi ci sarà un “Be part two”? No, non ci sarà una parte due. All’inizio del progetto avevo in mente di fare un progetto diviso in due parti e avevo iniziato a scrivere la seconda parte. Quando lo comunicai alla casa discografica loro mi dissero: “Hei Daniel, stop, stop! Hai fatto solo la prima parte di Perfect Element che già vuoi fare la seconda parte di Be?” (risate). Sei soddisfatto della comprensione del concept di “Be” da parte del pubblico? Tutto il concept è così vasto e complicato che è impossibile spiegarlo, per cui non mi aspetto che le persone lo capiscano completamente, ma mi basta che ne colgano i punti più importanti, quello che spero è che “Be” sia un pretesto per incominciare a pensare a certi argomenti come l’importanza delle risorse del pianeta e cose simili e in questo senso i feedback che ricevo sono veramente belli. Che importanza hanno i feedbacks dei fans per te? I feedbacks sono molto importanti, ma non devono influenzare la tua musica o le tue idee, ma sono molto importanti perché senza un’audience sarebbe some se tu suonassi in una stanza chiusa, invece suonare significa comunicare, far girare delle ondate di energia. Quando hai una buona platea ricevi molta energia e ne puoi dare ancora di più. Il pubblico ti può dare un grande aiuto quando sei sullo stage, è come se ti pompasse adrenalina nel corpo e anche se sei esausto trovi le forze per fare cose che normalmente non saresti capace di fare. All’inizio del dvd indossi un look che ti fa sembrare un messia, è una scelta voluta? No, non è stata una cosa intenzionale, volevo dare un’idea di innocenza, qualcosa che ha a che fare con una nuova nascita, anche l’uso delle luci cerca di dare questa lettura, ma so che molta gente ha pensato come te vedendo le immagini. Alla fine del booklet hai messo la frase “The Mission: Change the World”, un messaggio molto forte, cosi intendi esattamente? Probabilmente ci sono delle persone che sono felici di come sta andando il mondo, ma io non lo sono e come me ci sono molte altre persone, ma la gente non riesce a capire quanto sia facile cambiare il mondo! Anche le piccole azioni quotidiane che facciamo possono cambiare il mondo per sempre. Se ognuno di noi si prendesse le sue responsabilità e credesse che è possibile cambiare il mondo allora potremmo davvero migliorarlo. Secondo te quale sarebbe la prima cosa da cambiare? Ogni cosa è molto importante, tutte le cose sono interconnesse fra di loro e sono una parte del tutto, percui basterebbe risolvere un problema qualsiasi che tutti gli altri troverebbero una soluzione nello stesso modo. Ci sono problemi che non è facile risolvere come la povertà, la fame, il peso maggiore che hanno certi paesi rispetto ad altri, ma sono tutti problemi legati fra loro, abbiamo espresso questi concetti nell’album One Hour By Concrete Lake. Penso che se si vuole risolvere il problema della povertà, allora bisogna tenere conto che nel mondo ci sono molte forme di povertà che vanno risolte. E’ difficile focalizzarsi su una sola cosa da risolvere. Sicuramente uno dei maggiori problemi di oggi è la guerra e il terrorismo. Oggi la gente ha in mente solo la “sicurezza” e la difesa dei propri beni, bisogna superare questa logica, perché per essere assolutamente “sicuri” bisogna eliminare tutti gli altri e questo non è un buon obbiettivo da raggiungere. In molti pensano che non sia compito del rock cambiare il mondo, ma che questo serva solo per dimenticare i problemi che ci affliggono… Ma anche loro stanno cambiando il mondo… Ogni cosa cambia il mondo. Questo è un punto molto importante da capire. Se scrivi una canzone su una persona che se ne sta a casa a guardare la TV, questa cambia il mondo… Quindi se tu sei consapevole di questa funzione e cerchi di fare qualcosa puoi avere un maggiore effetto con le tue canzoni. Per cui sia che tu lo voglia o meno con la tua sola presenza cambi il mondo. Stiamo vivendo un periodo molto buio, tu vedi dei segni di speranza? Francamente no… anche se vorrei risponderti di si. Se guardi ai singoli individui allora trovi segni di speranza, ma se guardi alle masse allora non c’è speranza, si lasciano soggiogare da cose orribili, i loro desideri sono condizionati da quello che viene loro imposto dai mass media e questi meccanismi andrebbero veramente cambiati. Tutto quello che vedo oggi, invece, è che questi meccanismi sono sostenuti a livello globale da grandi interessi economici e non ne capisco la ragione, questo mi rattrista molto perché non posso fare niente per cambiarli. Tutti gli aspetti legati alla politica, alla gestione delle risorse, agli interessi che ci stanno dietro, sono molto difficili da cambiare. Tutti cercano di spartirsi la torta e cercano di prendere la fetta più grande, dovremmo sempre tenere presente che tutte le volte che noi riusciamo a prendere una fetta, c’è qualcun altro che resta senza. Tecnicamente siete un gruppo in grado di fare musica molto commerciale mentre, invece, cercate di fare musica per le menti. È difficile portare avanti questo impegno in un mondo sorretto dal dio denaro? Non ho mai scelto di fare musica per le menti, ma ho cercato di comporre la musica che mi sarebbe piaciuta da ascoltare. Il bello è che siamo piuttosto fortunati perché c’è molta gente a cui piace la nostra musica e compra i nostri dischi. La mia unica regola è fare cose che mi piacciono, o piuttosto non le faccio proprio. Mi ricordo che mio fratello, ad un seminario sul basso, si sentì dire dall’insegnante: “suona quello che ti piace suonare e potrai diventare famoso, perché se suoni qualcosa che non ti piace solo per diventare famoso, allora non diventerai mai famoso lo stesso.”. Se suoni col cuore la gente lo capisce e ti segue. A me non piace l’idea di fare un genere specifico di musica, perché mi piacciono tutti i tipi di musica, ma deve essere fatta col cuore, deve comunicare emozioni, questo è importante per me. Cosa significano per te le parole fede, coscienza e speranza? All’inizio del progetto “Be” pensavo che la politica, la scienza e la fede fossero cose piuttosto simili, che cercavano per strade diverse di arrivare ad obbiettivi comuni, ma adesso sono assolutamente sicuro che la politica sia in errore, mentre non sono altrettanto convinto che tutte le religioni siano in errore o che tutta la scienza sia in errore. Non voglio nemmeno dire che io trovi tutto corretto, tutte cercano di capire il mondo e anche noi stessi. La politica è come una grande macchina, noi ne possiamo vedere una parte, capirne il funzionamento e anche alcuni errori, ma non possiamo vedere tutto il suo insieme che è nascosto, perché è troppo grossa. Noi abbiamo bisogno di vedere e di capire, abbiamo dei ricettori per captare le onde di energia come gli occhi che interpretano le onde di energia in qualcosa che possiamo capire, allora usiamo le onde di energia in modo positivo, abbiamo anche altri ricettori come la pelle e le orecchie e tutti insieme ci servono per capire quello che ci circonda, ci sono stati dati per capire i meccanismi in cui viviamo, ma i nostri recettori non sono in grado di cogliere quello che è nascosto come la politica. Credi in Dio? In “Be” non c’è la possibilità per l’esistenza di Dio, non nelle nozioni “umane” del mondo, Dio è la scienza, Dio è noi stessi. Io credo che Dio sia nella grandezza dell’esistenza. Se consideri il mondo nella sua complessità ti rendi conto che c’è qualcosa di molto più grande ed è in questo senso che considero molte religioni giuste, quando affermano che Dio è in ogni cosa. Che valore dai alla vita e cos’è per te la morte? La morte per me è esattamente la stessa cosa del prima della mia nascita, qualsiasi cosa sia non ha nessuna utilità per il mio presente. Non ho la possibilità di collegarmi con le mie esistenze precedenti e quindi non influiscono sulla mia personalità. Se qualcuno ha delle prospettive più ampie sono felice per lui, ma non è così per me, almeno per adesso. Che aspettative hai dalla tua musica? Spero ovviamente che sempre più persone possano ascoltarla. Una cosa è quello che pensano della tua musica, ma a me interessa che possano sentirla e poi giudicheranno da soli e si faranno le loro opinioni, ma capisco anche che oggi questo non è facile, perché non ci sono radio che trasmettono “Be”. Dopo un album così complesso come “Be”, cosa dobbiamo aspettarci per il prossimo vostro album? Stiamo pensando di realizzare un cover album dedicato ai Creedence Clearwater Revival (risate) … seriamente, sto lavorando a vari albums e concepts, ma non so ancora quale sarà il primo ad essere finito, ho già qualche idea, ma non posso ancora rivelartela. Posso solo dire che a questo punto faremo qualcosa di più orientato al gruppo nel suo insieme. Tu stai collaborando anche con i The Flower Kings, cosa mi puoi raccontare di questa esperienza? Io e Roine ci siamo conosciuti ai tempi dei Transatlantic, stavano cercano un musicista che suonasse vari strumenti e cantasse per l’arrangiamento dei brani dal vivo, fu Roine a contattarmi perché mi aveva già sentito. Finito il tour coi Transatlantic, Roine mi chiese se ero disposto a fare la stessa cosa per il tour dei The Flower Kings e poi sono entrato nella band. Mi piace essere coinvolto in un progetto dove devo solo suonare e non mi devo occupare della composizione delle musiche e dei testi, ma posso concentrarmi solo sul suonare, è divertente. Vuoi lanciare un messaggio finale per chiudere quest’intervista? Voglio dire a tutti i fans italiani che siamo molto felici di essere in Italia, perché il pubblico italiano è diverso da quello di tutti gli altri paesi. Ogni nazione ha un pubblico diverso, in Italia duecento persone sono in grado di infiammare un locale con la loro energia meglio di mille persone in Germania o di diecimila in Svezia! Questo mi piace molto, mi piace la vostra energia. Ci sono delle volte che la platea ti fa percepire che capisce la musica e per me non c’è cosa più importante. Capire la musica per me vuol dire emozionarsi, puoi capire la struttura della musica, ma non è una grande conquista, ma se vieni emozionato dalla musica allora è magnifico e questo succede sempre nel vostro paese. Completamente diverso ad esempio è il pubblico russo, che non partecipa, ma sta fermo a guardarti mentre suoni, io invece amo la partecipazione, sono onde di energia che si muovono. Allo stesso modo non mi piacciono i gruppi che non si muovono sullo stage, perché andare ai loro concerti è come ascoltare il disco e guardare delle fotografie. A me piacciono le emozioni e la sensazione di essere collegati a qualcosa. GB Recensioni: Be; Be (dvd); Scarsick; Ending Themes; Linoleum; Road Salt One; Road Salt Two; Falling Home; Remedy Lane Revisited Live Report: 2005; 2013 Sito Web |