Per l’ultimo tour acustico i funambolici POS avevano fatto un
lavoro pazzesco di riarrangiamento dei brani, uno sforzo creativo
che non poteva restare cristallizzato solo nella memoria dei presenti
al tour, meritava una documentazione ufficiale, la dignità
di un’uscita regolare della band ed ecco quindi questo nuovo
cd che non contiene musica nuova con esclusione del brano eponimo
e di due cover, ma la registrazione di alcuni dei brani migliori fra
quelli proposti dal vivo, mi sarebbe piaciuto anche il dvd del concerto,
che aveva un’ambientazione molto ricercata, ma forse questo
resterà davvero patrimonio dei soli astanti agli show. Le due
cover sono la sorprendente “Holy Diver” del compianto
e indimenticabile folletto del metal, tale Ronnie James Dio, mentre
la seconda è di un altro grande recentemente scomparso, “Perfect
Day” di Lou Reed. Entrambe queste cover sono reinterpretate
con grande intelligenza e voglia di sperimentare, la resa è
sorprendente.
Fra derive jazz e virtuosismi acustici, alcuni classici del gruppo
vengono riletti, trasformati, il risultato complessivo è spettacolare,
certo potrebbe non piacere agli amanti delle sonorità più
dure e distorte, non c’è quasi nulla delle intemperanze
metal del gruppo e come era stato criticato Be per non essere sufficientemente
metal, credo che molti potrebbero storcere il naso ascoltando questo
disco tutt’altro che immediato o facile, ma io lo trovo di una
bellezza rara. Mi sono scoperto ad amare in modo ancora più
forte classici come “Stress”, “Chain Sling”
e “Spitfall”. Daniel non pago ha inserito anche sonorità
lontane dal repertorio usuale della band, non solo per la scelta acustica,
ma a giocato a reinterpretare le musiche con ritmiche innovative,
non voglio svelarvi troppo, per non deviare la vostra attenzione,
il disco è strepitoso e merita un ascolto attento e devoto,
solo se siete contrati a mettervi in gioco, solo se avete paura di
aprire la vostra mente, solo se rifiutate ogni contaminazione, se
siete chiusi come cozze potete correre il rischio di non amare un
disco che si leva una spanna sopra tante uscite che sono fatte solo
per cavalcare mode o cliché, questo è un album che sradica
la classica idea di musica “acustica” ed è tutt’altro
che prevedibile.
Gildenlow e compari hanno fatto un ulteriore salto di qualità,
non avevano bisogno di dimostrare niente, ma si sono messi in gioco
lo stesso e questo è un pregio enorme per dei musicisti che
potrebbero puntare sul sicuro e rifare cento volte cose rodate e collaudate
che tanto bene gli sono venute in passato. Falling Home è un
altro balzo avanti nella loro crescita artistica, un disco da amare.
GB
Altre recensioni:
Be; Be,
Original Stage Production; Scarsick;
Ending Themes; Linoleum;
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Remedy Lane Revisited;
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Intervista
Live Report: 2005; 2013
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