Questo è un appuntamento cruciale per gli Ataraxia, che ha
richiesto oltre due anni di lavoro ed è composto da un nuovo
cd e da un libro di oltre 160 pagine. Arcana Eco non è solo
il nuovo album della band, è un sunto di tutto il percorso
artistico del gruppo a partire dalle ormai lontane origini per arrivare
fino ai giorni nostri. Uno sguardo approfondito per svelare quello
che solo gli ascoltatori più attenti e affezionati potevano
avere già intuito.
Gli Ataraxia di oggi non sono gli stessi che tanti anni fa hanno iniziato
quest’avventura artistica, ma sto dicendo una cosa ovvia, perché
quello che intendo dire è che quest’opera ci permette
di tirare i fili di una storia musicale molto importante. Ci permette
di rileggere nelle note musicali il percorso umano ed artistico di
questi poeti della musica.
Il libro, scritto a due mani da Ferruccio Filippi e Francesca Nicoli,
è sicuramente molto importante con dei testi ora poetici ora
autobiografici, che ci accompagnano nei meandri dell’universo
creato dagli Ataraxia e con delle belle immagini a corredo. Una fonte
preziosa di informazioni sul gruppo, ma non solo, un libro che ho
trovato appassionante e ricco di spunti di meditazione.
Il cd non è una raccolta, come forse le mie parole potrebbero
aver fatto pensare, ma contiene sette brani di cui quattro nuovi e
tre nuove versioni di vecchi brani. La durata è complessivamente
breve (poco meno di 36 minuti), ma l’intensità dei brani
rende appagante l’abum. In apertura troviamo “Cobalt”,
il primo inedito, Francesca emerge subito con la sua voce calda su
melodie dall’indiscutibile fascino spirituale, Vittorio e Giovanni
sono bravi a creare un tappeto intimista, veicolo perfetto per la
Nicoli. Un brano molto malinconico dal sapore medioevale che strega
con i suoi giri avvolgenti e i suoi riflessi diafani. “Astimelusa”
in origine era apparsa su La Malédiction d’Ondine, un
brano fatato che rilegge con grande gusto e romanticismo le musiche
antiche. “Mirsilo” è la seconda nuova traccia,
un brano complesso per le sue sfumature, piuttosto gotico e molto
efficace. Tanta tensione viene rafforzata nella successiva “Fire
in the Wood” dal sapore gitano e i colori del mediterraneo prendono
forza nelle spirali di passione che ne scaturiscono, gli Ataraxia
sono più ispirati che mai. Secondo rifacimento per “Nossa
Senhora Dos Anjos” uscita su Os Cavaleiros Do Templo, che viene
riproposta in questa versione in studio, la solennità e l’atmosfera
sono di rara suggestione. “De Purpre et d’Argent”
viene ripresa dal recente Saphir e qui ne viene esaltato il carattere
solenne e neoclassico. Chiude la delicata “The Island of Docteur
Moreau”, una traccia piena di sussurri e di ombre che emergono
su un arpeggio di chitarra garbato e soave, c’è da chiedersi
dove stanno andando gli Ataraxia?
Difficile rispondere, ma i vent’anni di storia del gruppo sono
solidi come le pietre dei castelli tanto amati dalla band e su queste
pietre si fonda un futuro che noi siamo già curiosi di conoscere.
GB
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Intervista
Live reportage: 2001; 2007
Articolo: Ataraxia, una band italiana
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