Ho ancora nelle orecchie lo spettrale Paris Spleen, un capolavoro
di teatralità e di ambientazioni gotiche, dove il grand guignol
si è fatto musica in modo perfetto e dove gli Ataraxia una
volta di più hanno dimostrato di essere una band di grandissimo
spessore. Per me quel lavoro è stato una nuova folgorazione
(la prima l’avevo avuta ascoltando il bellissimo Suenos) e mi
chiedevo come avrebbero continuato il loro viaggio questi sorprendenti
musicisti.
Francamente speravo in nuove magie, in nuove ambientazioni ancora
più gotiche, invece Kremasta Nera ci riporta alle sonorità
tipiche della band emiliana. Il nuovo disco è la continuazione
ideale di Lost Atlantis e torna ad esplorare il tema dell’acqua
legato a sonorità mediterranee. In realtà questo nuovo
è un album splendido, anche se non è così innovativo
e coraggioso come Paris Spleen. Ci sono dei brani memorabili e il
gruppo si dimostra molto coeso e determinato, più che in passato,
solo che gioca su territori più familiari invece di tentare
sperimentazioni ardite.
Apre un brano molto atmosferico, suoni orientali e recitato danno
un sapore esoterico, magico, incantato, è il lato teatrale
del gruppo che emerge con forza evocativa e centra il segno. Segue
“The Nine Rituals”, che è il pezzo che mi è
piaciuto di più, l’atmosfera è molto gotica, rituale,
i ritmi tribali e il cantato di Francesca sono dei veicoli ideali
per un viaggio in un immaginario ricco di situazioni. La musica ha
un sapore pagano molto forte, che sa di terra e di forze della natura,
bello il lavoro di chitarra di Vittorio. “Kremasta Nera”
si apre con un delicato arpeggio, sono gli Ataraxia degli ultimi lavori,
il brano è molto bello e romantico, Francesca canta con una
malinconia struggente, le note liquide diventano immagini che ricordano
la pittura dei preraffaeliti tanto cari al gruppo. Da questo punto
il disco si spinge verso suoni orientali, i brani hanno tutti una
loro identità precisa e non ci sono ripetizioni, magari qualcuno
suona come certe cose prodotte in passato, ma nel complesso tutto
scorre bene.
Certo non deve essere facile trovare continuamente nuove fonti di
ispirazione, anche se la letteratura è un pozzo praticamente
inestinguibile di racconti e storie che possono essere musicate. Gli
Ataraxia si confermano come uno dei gruppi più interessanti
e creativi del panorama non solo nazionale, ma a mio modo di vedere
questo nuovo disco è un passo indietro rispetto al predecessore.
Niente paura però, perché i nostri stanno crescendo
e sono sicuro che il loro futuro ci riserverà ancora delle
belle sorprese. GB
Altre recensioni: Suenos; Mon
Seul Desir; Des Paroles Blanches;
Saphir;
Strange Lights; Arcana
Eco; Paris Spleen; Llyr;
Wind
at the Mount Elo;
Deep Blue Firmament;
Quasar; Pomegranate;
Centaurea
Intervista
Live reportage: 2001; 2007
Articolo: Ataraxia, una band italiana
pellegrina nel mondo
Artisti collegati: Vittorio Vandelli
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