Torna lo storico gruppo svedese, la prima formazione di Roine Stolt
dei Flower Kings e dei Transatlantic, con il seguito di Notes From
the Past, il dignitoso ma deludente album della reunion pubblicato
lo scorso anno.
La formazione è rimasta la stessa di Notes con il leader Hans
Lundin alle tastiere, Stolt alle chitarre, Morgan Agren alla batteria,
il bassista Reingold sempre dei Flower Kings, Aleena ai cori e Patrik
Lundstrom dei grandissimi Ritual alla voce.
Il peso compositivo di Roine in questo album è maggiore e si
sente subito che si tratta di un disco più completo, più
riuscito. Non ha i difetti e le indulgenze dell'episodio precedente,
ma è più avventuroso, più spigoloso (in senso
buono), è composto da otto lunghi brani per quasi ottanta minuti
di prog grandioso e visionario.
Il disco si apre con l'intricata "Lifetime of a Journey",
un miscuglio di King Crimson, Genesis e Yes dalla grande forza espressiva,
tempi complessi e partiture epiche si intrecciano in un labirito ad
alto tasso emotivo, un brano eccellente. "A Complex Work of Art"
inizia con un crescendo che lancia uno Stolt felicemente ispirato,
il brano è molto lirico e si apre all'ascoltatore come un grande
gioco di scatole cinesi, ma l'aspetto piacevole è che le varie
parti sono bene integrate fra di loro e non sono uno sterile collage
di idee come invece spesso capita di ascoltare in mediocri dischi
di pseudo prog. "The Weed of All Mankind" è un brano
sbalorditivo, ha delle melodie inquietanti e poetiche al tempo stesso,
sostenute da un vento di passioni forti intessuto con consumata abilità
dai nostri, un brano che lascia un segno profondo. "Sonic Pearls"
è un po' più noiosa come trama, anche se musicalmente
offre molti spunti interessanti, in particolare alcune commistioni
con la world music. "End of the Rope", invece, ha un impronta
molto più rock sconfinando spesso nell'hard, un sound settantiano
che a me piace da matti. "Across the Big Uncertain" è
un brano poetico un po' bucolico, ma con melodie molto ariose e solari.
A questo punto arriva un vero e proprio passo falso perché
in "Distant Voices" c'è lo stesso giro di "Gibberish",
cavallo di battaglia degli Spock's Beard, è solo un momento
in tredici minuti di canzone, ma lascia di stucco, magari è
un tributo, ma il promo non lo dice, comunque si tratta di un brano
frastagliato e disomogeneo, in pratica l'esatto contrario del secondo
brano del CD su cui sarebbe interessante indagare di più. A
dare il commiato ci pensa il brano "Otherwordly Brights",
una piece piuttosto originale, con un arrangiamento molto sinfonico
da gran finale.
Un plauso anche alla cover dell'album, molto intrigante. Un grande
ritorno per un gruppo storico! GB
Atre recensioni: Notes From the Past; Mindrevolutions;
The Decca Years;
Angling
Feelings;
In
the Wake of Evolution;
Vittjar; Sattyg
Interviste: 2002; 2003;
2005
Artisti correlati: Flower Kings; Ritual
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