Devo confessare di essere quasi sorpreso dall’evoluzione dei
Kaipa, una band nata nei lontani anni ’70 e che sta vivendo
una vera seconda giovinezza, con del nuovo materiale veramente interessante
e ben fatto, non si tratta assolutamente di minestre riscaldate o
di qualcosa di nostalgico in ricordo dei bei tempi andati. Anzi da
quando Roine Stolt ha lasciato, per dedicarsi maggiormente ai suoi
progetti principali (The Flower Kings in primis), Hans Lundin, il
tastierista, sembra essersi galvanizzato e dal 2007 in poi, col chitarrista
Per Nilsson (Scar Simmetry) ha dato una sterzata di energia che continua
col presente album.
La caratteristica principale dei Kaipa è di aver unito il prog
rock con la musica folk, a questo binomio sono stati aggiunti inserti
fusion, medieval e talvolta anche metal, ne è uscito un sound
particolarmente ricco e suggestivo, che non ha mancato di catturare
l’attenzione di un pubblico sempre più vasto. L’opener
“A Map of Your Secret World” è una suite di circa
quindici minuti, all’inizio il brano è esuberante, energico,
pieno di bei passaggi strumentali, Patrick Lundstrom (Ritual) alla
voce è sempre più bravo, ma in questo disco troviamo
anche il compagno di squadra Fredrik Lindqvist al flauto, poi ci sono
Jonas Reingold (The Flower Kings, Karmakanic) che dal canto suo pompa
sul basso con consumato vigore, Aleena Gibson, sempre bella anche
la sua voce, Morgan Agren (Zappa) alla batteria è una garanzia.
Essendo una suite ci sono momenti diversi, ma tutto funziona a meraviglia.
“World of the Void” prosegue con rinnovato entusiasmo,
melodie ariose e passaggi strumentali che sembrano toccate e fughe
dal sapore neoclassico, splendido il finale, con richiami anche alla
musica medievale. “Screwed Upness” è un brano strano,
insolitamente ruvido, l’impianto ha sempre un sapore neoclassico,
ma i suoni sono post moderni, con un senso di una solenne decadenza,
poi pian piano diventa tutto più luminoso, quasi solare e si
trasforma in una danza, per tornare verso metà a temi drammatici,
con oltre tredici minuti si tratta di un’altra suite, alcuni
passaggi sono davvero da brividi, con fantasmi degli Yes, monumentale.
“Sattyg” per contrasto è molto breve e parte con
un flauto birichino, prende vita una folk song lieve come una danza
di primavera, festosa e ricca di gioia. “A Sky Full of Painters”
già mi piace dal titolo, altra suite coi suoi quattordici minuti,
pieni di magie musicali e di un’atmosfera giocosa che riesce
a risvegliare il fanciullo che c’è in me, ma ci sono
anche momenti vigorosi, fra jazz e prog metal. Con “Unique When
We Fall” la band assume toni seriosi, il testo è impegnativo
e la musica anche, con ritmiche complesse e armonie non facili, una
bella prova. Chiude “Without Time – Beyond Time”,
altro brano lunghetto, quello che mi è piaciuto meno della
serie, forse dopo tante emozioni mi sono ritrovato un po’ spiazzato
dalla semplicità di questo pezzo.
Sattyg è un altro grande album, Lundin ha veramente realizzato
un disco memorabile ed è riuscito nell’intento di portare
avanti un progetto che fonda le sue radici nel passato, ma che è
più convincente oggi di ieri, cosa che non è riuscita
a molti musicisti. GB
Altre recensioni: Notes From the Past; Keyholder;
Mindrevolutions;
The Decca Years; Angling
Feelings;
In the Wake of Evolution;
Vittjar
Interviste: 2002; 2003;
2005
Artisti correlati: Flower Kings; Ritual
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