Wow! Da dove cominciare? Scusate questo dubbio iniziale, ma mi sento
come un pittore davanti ad una tela bianca che vive quell’attimo
di panico… tante sono le cose che vorrebbe esprimere e tanto
stretti sono i confini di una semplice tela.
Sono passati ventidue anni dal tour che portò in Italia per
la prima volta i mitici Blue Öyster Cult, all’epoca stavo
svolgendo il servizio militare e dovetti fare i salti mortali per
ottenere il fatidico permesso per poter andare al concerto nella data
di Bologna, che notte fu!
Per me sono stati anche ventidue anni di attesa, perché, come
sanno tutti i miei amici, i BÖC sono la mia band preferita e
il desiderio di vederli dal vivo è sempre stato molto forte,
ma l’attesa paziente e fiduciosa stava cominciando a trasformarsi
nella triste consapevolezza che il sogno poteva non realizzarsi (ricordo
che un amico mi scrisse di aver deciso di volare a Londra pur di poterli
vedere, animato dalla mia stessa paura). Inoltre il gruppo dal 2001
è tornato in un nuovo preoccupante silenzio discografico. Invece
ecco che il sogno diventa realtà e il concerto per me più
atteso diventa realtà, anche se non sono mancate anche questa
volta delle difficoltà, unica tappa a Roma di mercoledì,
cosa logisticamente non semplice per me che sono mantovano. Ma alla
fine ogni ostacolo è stato superato senza nessun tipo di intoppo.
Ferie assicurate da tempo, famiglia consenziente, serie di mail a
Donald “Buck Dharma” Roeser per poterci incontrare, posto
per dormire… tutto è andato magicamente a buon fine.
Donald inoltre mi ha accreditato ad entrare per assistere alle prove
e per stare col gruppo per tutto il tempo al locale, non mi sembrava
vero, avevo l’adrenalina che mi spingeva come un bulldozer.
Alla fine non ho vissuto le difficoltà del concerto di Bologna,
ma l’eccitazione non è stata di certo minore.
Sono arrivato in Roma il giorno stesso del concerto poco dopo mezzogiorno
e mi sono recato in centro per una passeggiata, che è sempre
un gran bel posto dove andare, con calma sono andato a prendere dei
regali per i miei e poi mi sono concesso una sosta in un localino
per “buongustai” vicino a piazza Navona, il Cul De Sac,
che ha un’ottima selezione di leccornie. Sempre con calma poi
mi sono portato verso il locale, erano le sedici, dove ho appreso
che il gruppo sarebbe arrivato verso le 17.30, nel frattempo ho fatto
amicizia con un addetto della Barley Arts, che è stato molto
simpatico e che ringrazio per la disponibilità. All’arrivo
Buck mi è venuto incontro e ci siamo scambiati un caloroso
saluto, poi è salito in fretta sul palco per le prove. Ho subito
una delusione (in termini affettivi) nel scoprire che manca Allen
Lanier, parlando con Buck ho appreso che Allen non sta bene e che
per motivi di salute non può più permettersi lunghe
trasferte. Quindi la formazione, oltre a Dharma, era completata da
Eric Bloom (voce, chitarra ritmica e tastiere), a sorpresa da Danny
Miranda (basso), che attualmente suona coi Queen, Richie Castellano
(tastiere e chitarra), che ufficialmente è l’attuale
bassista della band e Jules Radino (batteria). Nella prima parte delle
prove il gruppo ha calibrato i suoni degli strumenti, poi la band
ha eseguito i seguenti brani: “Joan Crawford”, “Hot
Rails To Hell”, “Harvest Moon”, “See You In
Black” e “Golden Age Of Leather”, in pratica un
mini concerto tutto per me di circa un’ora, anche perché
ero l’unico ospite ammesso, non mi sembrava vero. Da notare
che ben tre brani eseguiti nelle prove non verranno riproposti nel
concerto.
Finite le prove siamo saliti tutti nei camerini dove ho avuto il tempo
di parlare con calma con Buck, con un gentilissimo Eric e con un goliardico
Danny (che mi ha invitato a vedere i Queen nel tour che faranno in
autunno!) di origini palermitane (i nonni). Il gruppo era teso, in
particolare Eric, incredibile dopo centinaia di date in tutto il mondo
si emoziona ancora prima di un concerto! Mi hanno chiesto come sarebbe
andata e io sinceramente (conoscendo la situazione italiana) non me
la sono sentita di fare ipotesi ottimiste, Donald intanto mi aveva
preannunciato che avrebbero suonato per circa novanta minuti. Verso
le ventuno la band si ritira per gli ultimi preparativi e ne approfitto
per scendere nel parterre a salutare gli amici, che intanto iniziavano
ad arrivare, e per comprarmi una maglietta (sono andate via come il
pane). I timori riguardo al pubblico man mano che passa il tempo svaniscono
e nel locale si contavano circa cinquecento persone, un numero non
eccezionale, ma se si pensa ai chiari di luna di tante date nel nostro
paese ci si può anche accontentare. Ore ventidue inizia lo
show, la band sale sul palco senza tanti clamori, da musicisti che
non hanno mai assunto infantili pose divistiche e autocelebrative,
ma come dei musicisti seri che amano la musica prima di tutto, gente
che nonostante facciano centinaia di date tutti gli anni, si divertono
ancora sul palco.
Il gruppo attacca con l’anthemica “This Ain’t The
Summer Of Love” e la platea esulta, a ruota parte “Before
the Kiss”, poi è la volta della trascinante “Burning
For You”, a sorpresa arriva la stupenda “Black Blade”,
seguita dalla morbida “Shooting Shark”. In sequenza ascoltiamo
“ME262”, “Cities on Flame”, “Buck’s
Boogie”, altra sorpresa “Golden Age of Leather”,
la poetica “Then Came the Last Day of May”, l’inno
“Godzilla”, nel mezzo parte il fatidico assolo di basso
che stavolta si trasforma in un medley dei Queen in onore al nuovo
gruppo di Miranda, poi c’è stato lo spazio anche per
un ottimo assolo di batteria, infine ecco l’immancabile “Don’t
Fear the Reaper”, una breve pausa e come bis viene proposta
la rocciosa “Hot Rails to Hell”. Una delle sorprese maggiori
è stata ascoltare il talento di Castellano, che ha suonato
ottimamente sia le tastiere che la chitarra, dando vita ad assoli
ad alto tasso emotivo, da segnalare anche che Eric Bloom ha cantato
poco, probabilmente la sua voce è in declino, anche la scaletta
ha privilegiato brani cantati di Buck, ma anche pezzi storicamente
interpretati da Bloom sono stati proposti da Castellano. Ma il pubblico
non è sembrato particolarmente turbato da questo, perché
la band sul palco non si è risparmiata un attimo e alla fine
ha suonato quasi due ore. Donald ha sempre un tocco di chitarra eccezionale,
solo Miranda non ha suonato al massimo, ma del resto sono più
di tre anni che non suona coi BÖC.
Che altro dire… la scaletta era ottima anche se mancavano brani
immortali come “Astronomy”, ma credo che nonostante tutto
non ci si possa lamentare, inoltre ho visto un pubblico entusiasta.
Alla fine del concerto sono risalito nei camerini per i saluti finali
e per scattare le foto con la band, di certo non dimenticherò
tanto facilmente questa serata!
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Retrospettiva
Interviste:
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