Rock Impressions

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******* OVER THE TOP *******
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Blue Oyster Cult - The Symbol Remains BLUE OYSTER CULT - The Symbol Remains
Frontiers Records
Genere: Hard Rock


Il precedente Curse of the Hidden Mirror è uscito nel 2001, non è facile recensire un disco che risponde ad un’attesa di 19 anni, non è facile nemmeno per una band rimettersi in gioco dopo tanto tempo, sapendo poi che le vendite del disco precedente non erano andate affatto bene, ma quello che ormai sembrava solo un sogno proibito ed esclusivo dei die hard fans è invece diventato realtà. Ora le considerazioni che si possono fare sono davvero molte. La prima è che fare un nuovo disco in tempo di profonda crisi del mercato discografico non sembra una scelta oculata e come se non bastasse i BÖC hanno fatto precedere l’uscita di TSR da tre ristampe (prima volta su vinile) e quattro live inediti. Per la cronaca è in previsione anche la ristampa dell’ultimo live ufficiale A Long Days Night (anche questo per la prima volta su vinile) e la pubblicazione di un quinto live inedito.

Con una aspettativa coltivata così lungamente, è facile che il risultato possa non essere all’altezza delle attese. Eppure i BÖC hanno dato alle stampe un disco che in molti già definiscono come un nuovo classico al pari dei loro migliori lavori. Non mancano voci fuori dal coro, ho letto persino che i BÖC puntano a fare cassa, accusa che non esito a definire ridicola visti i dati di vendita attuali, oppure che avevano bisogno di un nuovo disco per tornare dal vivo, quando sono “on tour forever” e con una buona risposta di pubblico in molti paesi.

Come sappiamo, dei BÖC originali sono rimasti solo Eric Bloom e Donald “Buck Dharma” Roeser, anche se la nuova line up è insieme da diversi anni e comprende il factotum Richie Castellano, il bassista Danny Miranda, già presente su COTHM, anche se per impegni vari (ha suonato molto coi Queen) ha spesso lasciato il posto ad altri (ricordiamo Rudi Sarzo e Kasim Sulton), ma ritornando regolarmente “a casa” e dal batterista Jules Radino. Forse pochi di voi sanno che è la line up più “tricolore” della loro storia. Certo l’assenza in sede compositiva dei fratelli Bouchard è difficile da colmare, Albert e Joe hanno sempre contribuito con un guizzo molto originale, cosa che hanno ben dimostrato nei dischi realizzati in seguito, mentre il compianto Lanier era geniale negli arrangiamenti. Questo non ha però impedito al combo americano di onorare la tradizione con un album che appare grintoso fin dalla copertina.

L’attuale formazione si è consolidata in molti anni di concerti e sarebbe stato davvero un peccato non lasciare una testimonianza in studio di un sodalizio artistico così maturo. Ecco il vero motivo per cui la band DOVEVA fare un nuovo album. Da notare che i BÖC vivono come una “vera” band, nel senso che per molti nomi storici c’è come una separazione tra le “vecchie star” e i musicisti che sono trattati alla stregua di session man e viaggiano separati, hanno camerini separati. Non i BÖC, che durante i tour stanno sempre tutti insieme. Certamente i pezzi presenti sono stati scritti in molti anni e questo potrebbe dare discontinuità durante l’ascolto, ma andiamo con ordine e cerchiamo di scavare un po’ nel disco per capire di che pasta è fatto.

Il brano di apertura è la potente “That Was Me”, impatto frontale, riffing monolitico e la voce di Eric che sembra aver ritrovato forma e sostanza. Primo singolo, primo video dove si intravede la presenza di Albert, tra i fans si scatena l’entusiasmo. Sicuramente un’apertura ad effetto con una canzone da cantare dal vivo insieme a tutto il pubblico, i BÖC sono tornati maligni e oscuri. “Box in My Head” è un hard pop con un buon ritornello, alla voce c’è Donald e il brano ha quel suo piglio catchy tipico, un pezzo più legato al repertorio ottantiano del Culto, ma comunque si sente il loro imprintig. “Tainted Blood” è la prima traccia cantata da Castellano, subito sembra un po’ convenzionale, classico hard rock made in USA con un alone di mistero in più, ma sono i ripetuti ascolti che lo fanno crescere. “Nightmare Epiphany” è un brano che Donald aveva composto molti anni fa e appare su una raccolta di suoi demo, scritto per un suo secondo disco solista mai uscito, è stato rispolverato adesso e il suo ritmo rock ‘n’ roll cattura facilmente, senza sfigurare nel repertorio del Culto. “Edge of the World” ad un ascolto superficiale sembra una canzone facile, eppure anche questa porta il marchio dell’Ostrica, ha quel qualcosa di misterico che intriga, anche se non la ritengo uno dei momenti più riusciti. “The Machine” è il primo estratto interamente composto da Richie, un heavy rock coinvolgente e piacevole. Molto più interessante “Train True” dove sembra che Roeser abbia ritrovato la vena giusta, con un bel controtempo e un ritmo incalzante molto americano.

“The Return of St. Cecilia” ha un titolo che ci riporta agli esordi della band, magari non ha l’alone del Culto, ma funziona bene e mi piace molto il finale. “Stand and Fight” mi ricorda un po’ i Metallica, con un’atmosfera che non è affatto male. “Florida Man” è uno dei pezzi più interessanti del disco, con Donald in gran spolvero e un testo di John Shirley (molto presente in tutto l’album) da brividi. Stiamo andando verso il finale ed ecco il pezzo più BÖC del lotto, e chi l’ha scritto? Richie! Il suo contributo appare in tutta la sua forza espressiva in “The Alchemist”, il brano più lungo e oscuro dell’album, quello più radicato nella prima discografia della band, sicuramente uno dei vertici del disco. “Secret Road” è un altro brano vagamente pop dove spicca la voce senza tempo di Don, mi si è inchiodata in mente, fin da subito. “There’s Crime” vede il contributo di Radino, un hard rock incalzante di buona fattura. Chiude “Fight”, ancora una volta la penna di Roeser confeziona uno dei suoi incantevoli riff, con un tessuto apparentemente leggero ma che invece è ricco di raffinatezze, un po’ come se fosse la nuova “Than Came the Last Day of May”.

Il gruppo c’è e si sente, non è uno stanco compito buono per chiudere una lunga carriera, passata più sui palchi che in studio, è un disco ben suonato e ben prodotto, con brani intriganti, che in qualche misura ripercorrono tutta la carriera della band, ma come è nel loro stile da sempre, senza assomigliare a nessuno già fatto. I fans hanno accolto con grande entusiasmo il disco e al di là di tutte le speculazioni che si possono fare, credo davvero che abbiano fatto un ottimo lavoro. GB

Altre recensioni: Heaven Forbid; Curse of the Hidden Mirror; Tyranny + Secret;
A Long Day's Night
; Ghost Stories; 50th Anniversary Second Night

Retrospettiva


Interviste: 1998; 2008

Live Reportage: Roma 2008; Trezzo 2008; 2016

Sito Web

Artisti correlati: Brain Surgeons; Blue Coupe; Joe Bouchard; Stalk Forrest Group; Albert Bouchard



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