Ormai
la notizia è di dominio pubblico, questo è l’ultimo
album dei Saga con lo storico singer Michael Sadler, credo che i fans
non abbiano ancora assorbito il colpo e immagino che ascoltare questo
nuovo album sia qualcosa di “strano”. Del resto stiamo
parlando di trent’anni di musica e oggi che il gruppo sembrava
godere di una nuova giovinezza arriva questa doccia fredda a gelare
tutto. Sadler ha scritto ai fans che il motivo è legato al
suo bisogno di dedicare del tempo alla sua famiglia, scelta molto
nobile, ma ogni fans dentro di se è un po’ egoista e
vorrebbe che il sogno non dovesse finire mai… e poi non sarà
facile sostituire una voce carismatica come la sua, non voglio immaginare
cosa succederà, di certo il gruppo non sarà più
lo stesso.
Quanta tensione su questo album quindi e quante aspettative, un disco
che è una celebrazione e un addio al tempo stesso. È
lecito aspettarsi molto, ma anche molto poco, quale sarà stato
lo spirito della band prima di entrare in studio? Ascoltando il cd
non riesco a provare altro che un senso di malinconia, amo i Saga
dall’81 circa, l’anno in cui li ho scoperti e dentro di
me alberga un po’ di quell’egoismo tipico del fan di cui
parlavo, ma dopo aver ascoltato i sentimenti, cerco di penetrare nei
meandri del disco. L’ultimo Trust a me era piaciuto molto e
avevo ascoltato un gruppo che cercava di andare avanti con grinta,
nonostante i tanti anni passati, ma questo nuovo disco mi sembra stanco,
vagamente sbiadito. I Saga sono ancora in grado di dare vita a canzoni
splendide, la loro capacità di creare melodie solari è
intatta e questo 10.000 Days suona come un vecchio classico, ma sembra
non graffiare al primo ascolto.
“Lifeline” attacca in modo classico, con le tastiere che
disegnano un ritornello, presto ripreso in chiave aggressiva dalla
chitarra sempre magica di Ian Crichton, ma pur essendo un brano confezionato
molto bene, manca una melodia centrale trascinante. “Book of
Lies” prosegue sulle stesse traccie, i due brani non si assomigliano,
ma sono entrambe radicati nella tradizione della band e entrambe non
convincono. “Sideways” è più riuscita e
possiede un discreto appeal, anche se resta sempre nei limiti di quanto
il gruppo ha già saputo esprimere. “Can’t You See
Me Now?” è più moderna e finalmente propone delle
soluzioni nuove.”Corkentellis” è uno strumentale
molto progressive, qui finalmente il gruppo tira fuori grinta e artigli,
cosa sarebbe stato l’album se quanto ascoltato in questa traccia
fosse stato la base di tutto il disco? Sicuramente un grande lavoro!
Ma ci dobbiamo accontentare, peccato anche che questa è l’unica
traccia senza Sadler, ma se dovesse rappresentare il futuro del gruppo
senza di lui, allora ci sono speranze. “More Than I Deserve”
è una bellissima ballad, Michael è ancora molto bravo
a scaldare il cuore con la sua voce unica. Anche “Sound Advice”
sperimenta nuove melodie e risulta convincente, ma ora è il
turno della title track, ancora una ballad davvero bella, la melodia
centrale è a dir poco commovente e Sadler ci mette un’intensità
toccante, questo è il commiato che volevamo! Chiude un titolo
che getta una luce di speranza, “It Never Ends” e sono
ancora divagazioni progressive a insinuarsi nelle pieghe del Saga
sound, anche se meno spiccate che nello strumentale.
A conti fatti 10.000 Days è un album con qualche momento veramente
felice e un inizio piuttosto faticoso e prevedibile, non permette
di fare delle vere previsioni sul futuro della band, anche se sono
più che convinto che la parola “fine” non sia ancora
in calendario per i canadesi. Comunque sia spero che il futuro dei
Saga, se ci sarà, sia all’insegna della dignità
e che il loro glorioso passato non venga ridicolizzato da inutili
tentativi di sopravvivenza. Meglio una fine dura, ma dignitosa, che
una lenta agonia.
Una nota finale che lascia un po' di amaro, la cover del cd non vi
fa pensare ad un bozzolo vuoto da cui il famoso insetto "Golden
Boy" è fuggito via, forse per sempre? GB
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